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Nel 1970 scegliere come sigla artistica Tír na nÓg, la terra dell’eterna giovinezza nella mitologia celtica, era un’ambiziosa idea intellettual-hippie. Quaranta e più anni dopo significa, più prosaicamente, una gran fatica con i motori di ricerca. Digitando il nome ci si imbatte infatti in un podere in provincia d’Arezzo, in una villa su un’isola dell’Indonesia e persino in un gruppo ragusano di folk celtico, mentre occorre parecchia fatica per pescare i Tír na nÓg che qui ci interessano. La cosa è abbastanza curiosa visto che il duo formato dagli irlandesi Sonny Condell e Leo O’Kelly conobbe a suo tempo discreta notorietà (fecero da spalla live a Jethro Tull e Procol Harum) e fra il 1971 e il 1973 incise tre album oggi ristampati con pregevoli riscontri di vendita dalla Esoteric. Come spesso accade (ci si presenta al pubblico per quello che si è, si può fare affidamento su un ampio bacino di canzoni) il più affascinante è il primo, quello che porta il nome del gruppo. Quasi per default i Tír na nÓg vengono accostati alla Incredibile String Band per l’uso delle accordature aperte e i tocchi orientaleggianti degli arrangiamenti; se il paragone è certamente plausibile, è però vero che qui c’è meno visionarietà rispetto ai dischi dell’accoppiata Heron e Williamson, ma al tempo stesso più attenzione alla melodia bella e ben rifinita. Rispetto ad altri nomi dello stesso periodo che non andavano oltre il ricalco di artisti più famosi ( Trees rispetto ai Fairport Convention, ad esempio) i Tír na nÓg trovano una loro specificità come via di mezzo fra il folklore anticato (solo a volte un po’ affettato), la canzone d’autore secondo i modelli di Ralph McTell e Al Stewart e il rock soave dei Magna Carta. Sono canzoni malinconiche e insieme piene di sole quelle di Condell e O’Kelly, canzoni capaci di rincuorare anche quando le storie narrate sono tristi (Piccadilly, ad esempio). Certo, si tratta di un disco assai legato alla sua epoca, ma, in sintonia con il titolo, anche eternamente giovane, sia per la freschezza dell’approccio sia perché l’attuale revival acustico ha riportato alla ribalta questo tipo di modalità sonora gentile e appena stralunata . Il tentativo di diventare almeno un pochino famosi finirà per calare in una quotidianità più rock e meno fascinosa le canzoni di Condell e O’Kelly; A Tear and a Smile e Strong in the Sun restano comunque buoni dischi.
Antonio Vivaldi
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