I cultori degli anni settanta potranno ammirare quello che è la sua divisa più nota: il costume di Ziggy Stardust del 1972 disegnato da Freddie Burretti. Oppure le creazioni di Kansai Yamamoto per il tour di Aladdin Sane del 1973, esotiche e affascinanti. Inoltre i fan delle copertine dei dischi saranno colpito dal cappotto con la Union Jack disegnato da Alexander Mc Queen per l’album Earthling del 1997. Stiamo parlando di David Bowie, uno dei più importanti artisti e interpreti rock dei nostri tempi oltre che fenomeno di costume.
Proprio per questo, Bowie è degno protagonista di una mostra allestita al Victoria and Albert Museum di Londra dal titolo David Bowie Is e che durerà fino all’11 agosto (orari e informazioni www.vam.ac.uk). Un’occasione per esplorare, grazie a immagini e a materiale di vario genere il processo creativo del “Duca bianco” come innovatore musicale e icona culturale, ricostruendo l’evoluzione del suo stile con la costante del cambiamento attraverso cinquant’anni di attività.
I curatori della mostra Victoria Broackers e Geoffrey Marsh hanno selezionato più di 300 oggetti dagli archivi di Bowie che per la prima volta sono visibili contemporaneamente nello stesso luogo. Nelle stanze del museo londinese sono stati raggruppati testi scritti a mano, costumi originali, foto, film, video musicali, bozzetti oltre agli strumenti dello stesso Bowie e il lavoro sulle copertine degli album. Un modo per capire come il look e la musica del musicista hanno influenzato e sono stati a loro volta influenzati da un vasto numero di movimenti artistici, di design e di cultura contemporanea in genere.
«David Bowie – spiega Martin Roth, direttore del Victoria and Albert Museum che si è avvalso del marchio Gucci come partner - è una vera a propria icona. E lo è in modo ancora più rilevante oggi per la cultura popolare più che negli anni passati. La sua innovazione radicale attraverso la musica, il teatro, la moda e lo stile compare ancora oggi nel design e nella cultura visiva e continua a ispirare artisti e designer in tutto il mondo. Siamo veramente orgogliosi di presentare la prima mostra in assoluto che prende il materiale dagli archivi di Bowie».
Tra le curiosità in esposizione le foto scattate da Brian Duffy, Terry O’Neill, Masayoshi Sukita (il fotografo di Heroes), gli artwork delle copertine degli album disegnate da Guy Pellaert ed Edward Bell, estratti visivi da film ed esibizioni dal vivo tra cui quelle da The Man Who Fell The Earth (1976) e dal Saturday Night Live (1979), video musicali come Boys Keep Swinging (1979) e Let’s Dance (1983) e bozzetti di scenografie creati per il tour di Diamond Dogs (1974). Dagli archivi privati sono spuntati fuori anche soggetti inediti, scalette dei concerti scritte a mano e testi di canzoni così come spartiti e annotazioni fatte giorno per giorno che mostrano l’evoluzione di alcune idee musicali. Ma c’è anche un aspetto che sicuramente incuriosirà il visitatore, quello che mostra l’attività del giovane David Robert Jones (questo il nome di Bowie, nato nel quartiere londinese di Brixton nel 1947) prima del grande successo di Space Oddity del 1969.
Da bravo musicista che comincia l’attività negli anni sessanta del secolo passato, il giovane David si muove attraverso vari stili: da quello Mod al folk, dal Rhythm’n'Blues alla congiunzione tra musica e mimica, tutti elementi che confluiranno nelle sue canzoni. Oltre alle foto di quel periodo e delle prime formazioni di Bowie (The Kon-rads e The King Bees), sono stati selezionati anche gli Lp dei suoi eroi musicali, a partire da Little Richard. Infine la Bbc ha dato il suo contributo con un documentario che trasmesso dal secondo canale dell’emittente e basato sul materiale della mostra oltre che focalizzato su cinque anni (1971, 1975, 1977, 1980 e 1983) fondamentali per la sua attività. Infine la mostra è visitabile con un sistema audio portatile che automaticamente si attiva a seconda della sala raggiunta.
Michele Manzotti
Le foto della mostra sono state messe a disposizione dell’ufficio stampa del Victoria and Albert Museum