Telarc
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Antichi rituali, battaglie contro i visi pallidi e massacri di tribù indiane. Non sono scene tratte da un fim western, ma i racconti in musica di “My world is gone”, ultimo album di Otis Taylor. Ad un anno di distanza da “Contraband”, il bluesman mostra ancora una volta la sua felice e prolifica vena compositiva con un lavoro sofferto e maturo, con cui si conferma ai vertici della “musica del diavolo” insieme a Eric Bibb.
È questo un album ambizioso e ricercato in cui si esprime con efficacia in quello che lui definisce “trash blues”, abile mix di sonorità acustiche, di graffianti riff elettrici e di naturali influenze africane. Tutto sorretto da una vocalità di rara e toccante profondità.
Per realizzare questo album Taylor si affida a una band “complice” di un percorso che si sviluppa tra tradizione e innovazione. Tredici piccoli “affreschi” in cui è importante in sei brani la performance alla chitarra di Mato Nanji, del gruppo rock blues degli Indigenous. Con lui il tocco caldo e jazzy della tromba di Ron Miles.
In “My world is gone” la musica di Otis Taylor esprime una forza straordinaria a partire dalla title track iniziale, dall’incedere lento e appassionato, nella quale racconta la storia di Capo Joseph, che compie un viaggio di 1300 miglia sul confine canadese solo per raggiungere un santuario e viene assassinato a 40 miglia dalla meta.
Se in “Lost my horse” il riff della chitarra si intreccia ai contrappunti del banjo e agli spunti solisti di Nanji, in “Huckleberry blues” Taylor è sublime il suono coinvolgente e tagliente del banjo “sorretto” dalla tromba di Miles. Non blues tradizionale ma una forma innovativa che arricchisce e dà maggiore energia agli schemi cui siamo abituati da sempre e che trovano in Taylor un sapiente “stregone”.
Probabilmente per i puristi del blues questa è una espressione musicale oltraggiosa, oltre che coraggiosa. Unire il blues con la country music, il jazz, il bluegrass e il rock richiede grande maestrìa. E il risultato ottenuto indica una nuova strada da seguire ad un genere che troppo spesso sembra rigenerarsi su sé stesso, mancando in molti casi di originalità. Tutto questo non succede ogni volta che ci si confronta con i lavori del bluesman di Chicago.
Basta ascoltare brani come “The wind come in”, “Blue rain in Africa”, “Coming with across” e la conclusiva “Sit across the table”, tra gli altri, per apprezzare il lavoro di questo poeta del nostro tempo i cui testi sono complementari alla musica e viceversa. Necessari gli uni agli altri per rappresentare perfettamente le immagini dei racconti che illuminano questo piccolo grande capolavoro.
Giuseppe Panella
Tracklist My world is gone Lost my horse Huckleberry blues Sand Creek Massacre mourning The wind comes in Blue rain in Africa Never been to the reservation Girl friend's house Jae Jae waltz Gangster and Iztatoz chaffeur Coming with crosses Green apples “Sit across your table”