Istituto di cultura italiano, 20 agosto 2013
“Vorrei proporre dell’Italia un’immagine realistica, di un paese dalle grandi potenzialità, un passato glorioso, capacità tecniche che molti altri ci invidiano, ma vittima di scelte – anche politiche – sbagliate, non in grado di rinnovarsi, privo di quell’energia che in altri Paesi si respira nell’aria. L’Italia deve sprovincializzarsi, offrire ai giovani prospettive concrete e gli investimenti nella cultura potrebbero giocare un ruolo importante”. Stefania Del Bravo dirige l’istituto di cultura italiano di Edimburgo, città che specialmente in estate si riempie di spettacoli. L’istituto è la base di coordinamento della presenza italiana che si sta facendo sempre più onore in un cartellone internazionale.
Da quanto è presente l’istituto di cultura italiano a Edimburgo?
“E’ stato istituito il 1 gennaio 1979 come sezione di Londra, ed è diventato indipendente nel 2001. Si tratta dunque di un Istituto relativamente recente, la cui attività si è però velocemente sviluppata. Ciò si riflette nei vari cambiamenti di sede: da semplice ufficio all’interno del Consolato l’Istituto si è ben presto trasferito in un edificio interamente a sua disposizione in una posizione piu’ centrale”.
Su quale area geografica opera l’istituto?
“ll territorio di competenza comprende Scozia e Irlanda del Nord, con appuntamenti sia nelle grandi citta’ (Edimburgo, Glasgow), che nelle isole e, soprattutto sotto la mia direzione, in Irlanda del Nord, Paese molto ricettivo – anche per le vicende della sua storia recente – ai valori culturali di pace e di tolleranza. Tutto questo nonostante la cronica carenza di personale e di figure professionali specializzate (un problema che andrà a breve seriamente discusso con il ministero)”.
Come vengono scelti gli spettacoli dall’Italia?
“La mia idea è che gli Istituti devono essere in grado di proporre un programma di eventi non casuale e aleatorio, impegnandosi in una vera attività di promozione di eccellenze italiane non sufficientemente conosciute all’estero, di giovani talenti, di idee nuove (che naturalmente riflettono il modo di pensare del Direttore che deve assumersene tutta la responsabilità). Per quanto riguarda Edimburgo, sono in corso alcuni importanti progetti a medio/lungo termine, che permettono, attraverso una serie di eventi distribuiti nel tempo e ben studiati, di approfondire l’analisi di alcuni temi che – in accordo con i partners e gli sponsors del progetto – ritengo di grande interesse sia per la comunità italiana residente in Scozia che per i locali e, in generale, per la società multiculturale di Edimburgo e della Scozia”.
Può accennare ad alcuni di questi progetti?
“Il piu’ importante di questi progetti, in collaborazione con la Galleria fotografica “Stills”: il progetto si chiama “Second sight” e intende studiare il fenomeno crescente dell’emigrazione. Il prossimo anno, anche con la collaborazione della Fondazione Paolo Cresci di Lucca, che possiede il piu’ grande archivio fotografico e documentario sull’emigrazione in Italia, analizzeremo il rapporto tra emigrazione e media. Come noto, Edimburgo è una città ” a forte propensione festivaliera”: sono 12 i maggiori festivals lungo tutto l’arco dell’anno, e nel loro insieme formano una voce importante nel bilancio nazionale, con un’entrata di varie centinaia di milioni di sterline ogni anno, creazione di migliaia di posti di lavoro e, a livello di economia “immateriale” un forte collante sociale. Pur con mille difficoltà create da mezzi totalmente inadeguati, sono riuscita ad attivare collaborazioni stabili e fruttuose con molti dei festivals”.
Per quanto riguarda il Fringe, considerato quello più importante?
“Sotto la mia direzione l’istituto e’ diventata una delle sedi ufficiali del Fringe, ospitando eventi nei propri spazi. L’edizione 2013 e’ stata per noi particolarmente impegnativa, perche’ abbiamo cercato di promuovere tutte le nostre 19 compagnie presenti, attraverso i nostri canali, la stampa italiana e locale. Proprio per valorizzare la partecipazione italiana al Fringe, il 15 agosto abbiamo organizzato un “Ferragosto party” all’hotel Missoni, al quale hanno partecipato il Ministro della Cultura Fiona Hyslop, il management del Fringe, molte autorita’ e rappresentanti delle Istituzioni culturali”.
Che tipo di risposta hanno gli spettacoli italiani dal pubblico del festival?
“Rispetto ad altri Paesi gli investimenti italiani al Fringe sono ridottissimi, noi non presentiamo grandi produzioni – che sono quelle di maggior richiamo – e per questo i nostri artisti devono lottare di più per imporsi all’attenzione. Comunque molti dei nostri spettacoli sono stati seguiti da un buon pubblico, soprattutto quando i luoghi di esibizione erano azzeccati (come il Summerhall) e quando c’è stata “massa critica” come nel caso dei cinque spettacoli per bambini presentati tutti insieme nella “Yurtakids”, uno spazio dedicato proprio nell’area di Summerhall. spero di poter avere qualche finanziamento in più per dei progetti speciali che sto elaborando e di poter continuare a fare dell’istituto un centro di incontro, di scambio, di democrazia realizzata”.
Michele Manzotti
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