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Registrato con pochi microfoni a valvole. Così il trombonista e basso tubista Mauro Ottolini nelle note di copertina racconta la realizzazione di Heaven Sent. Forse è un modo per schermirsi dai puristi del suono, o per spiegare come il jazz non abbia bisogno di sofisticati studi di registrazione o strumentazioni di lusso per esprimersi al meglio. O per cogliere l’attimo fuggente dell’incontro con il cantante e trombettista Frank Lacy. Vada come vada è l’ascolto dalla prima all’ultima traccia a dover essere valutato e capire se l’esperimento (a cui partecipano anche Franz Bazzani alle tastiere, Daniele D’Angaro ai sax, Stefano Senni al contrabbasso e Zeno de Rossi alla batteria) funziona. Diciamo che Heaven Sent tocca molte corde, dal dixieland al blues fino al free. La voce di Frank Lacy è robusta, intensa, convincente e questo è un aspetto convincente. Così come ogni traccia in se stessa convince, ma è difficile collocarla in una dimensione d’insieme come quella di un album a lunga durata che mostra tante facce. Giusto o sbagliato che sia a secondo dai punti di vista riconosciamo a Ottolini di aver trasmesso il gusto del divertimento all’ascoltatore proponendo brani di ottima qualità tra cover di lusso (l’iniziale Weird Nightmare di Charles Mingus) e tracce originali come quella che dà il titolo al disco.
Michele Manzotti
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