The Devil Makes Three sono originari della California ma hanno registrato il loro nuovo album a Nashville, agli Easy Eye Sound di Dan Auerbach dei Black Keys, sotto la produzione del grande Buddy Miller.
L’album si chiama “I’m a stranger here” (New West) ed è un’esplosione di country, bluegrass e swing all’insegna di grande energia e personalità.
Sono un trio dalla formazione particolare, con Pete Bernhard alla chitarra, Lucia Turino al contrabbasso e Cooper McBean al banjo.
Proprio Pete Bernhard racconta al Popolo del Blues i retroscena della loro nuova, ottima fatica discografica.
La vostra formazione con banjo, chitarra e contrabbasso è molto personale: come avete deciso di iniziare un progetto con questo tipo di line up?
E’ capitato per caso dopo che il nostro batterista e percussionista ha lasciato la band agli inizi della nostra carriera. Era difficile sostituirlo, così abbiamo iniziato a fare concerti in trio e ha funzionato talmente bene da continuare come trio fino a oggi.
Mi racconti qualcosa in più degli inizi di The Devil Makes Three?
All’inizio eravamo solo Copper e io, Cooper suona il basso sul primo disco. Abbiamo quindi aggiunto Lucia per i nostri concerti e lei ha suonato il basso sul secondo disco, Longjohns Boots And A Belt.
Avete costruito il vostro sound suonando molti concerti dal vivo in tutti gli Stati Uniti: qual è stata l’importanza di suonare dal vivo nella vostra carriera?
Suonare dal vivo ha costruito la nostra band. Abbiamo iniziato facendo tutto da soli e senza i concerti non ce l’avremmo mai fatta. Tutt’oggi preferiamo suonare dal vivo a registrare e siamo in tour quasi continuamente.
Quanto di quella stessa attitudine live è nel vostro ultimo album?
Penso che in I’m A Stranger Here abbiamo catturato la nostra attitudine dal vivo meglio di quanto non avessimo mai fatto prima. Cerchiamo di trasferirla quanto più possibile nei nostri dischi, a volte ci riusciamo e a volte no ma è sempre il nostro obiettivo.
Qual è la cosa più importante che avete imparato dal suonare dal vivo?
Non arrendersi mai
C’è uno spirito molto vitale e gioioso nel vostro ultimo disco, ma anche spazio per canzoni più intime e molto melodiche. Come convivono queste due anime?
Penso che ogni disco debba avere spazio per entrambe le atmosfere, altrimenti non ci sono contrasti. Abbiamo sempre mescolato ritmo e intensità nelle nostre canzoni e riteniamo che aggiunga qualcosa all’intero feeling dell’album. Questa volta Buddy Miller ha contribuito molto alla scelta delle canzoni nell’album e questo per noi è stata una nuova esperienza.
Come scrivete e arrangiate le canzoni come gruppo?
Io scrivo i testi e la struttura base delle canzoni e la band aiuta negli arrangiamenti e scrive le armonie e le linee vocali principali. Cooper suona banjo tenore, banjo a cinque corde e chitarra e Lucia suona il contrabbasso e fa i cori.
Come è stato lavorare con Buddy Miller?
E’ stato fantastico, è stato come un quarto membro della band. Ci piace molto il suono che ha catturato su questo album ed è stato facile lavorare con lui.
Vi ha detto niente su cui inizialmente eravate in disaccordo ma che si è rivelato un ottimo consiglio?
Direi di no…Abbiamo creduto al suo istinto e la maggior parte delle sue decisioni ci hanno trovato subito d’accordo.
Avete regstrato a Nashville: com’è stata la vostra percezione della scena country attorno alla città?
Nashville sta cambiando da una città che abbracciava solo country pop e tradizionale a una che accoglie tutti i tipi di musica. Non considero la nostra band come veramente parte della scena country di Nashville, la nostra musica fino ad oggi non è stata particolarmente notata a Nashville.
Mi racconti qualcosa in più sui musicisti aggiunti in quest’album, come il batterista Marco Giovino, e il loro contributo al risultato complessivo?
Marco è uno dei numerosi musicisti di talento a cui Buddy ha chiesto di suonare sul disco. Ci piacerebbe portarlo in tour con noi, ma è decisamente troppo occupato per farlo. Buddy Miller ha suonato su tre brani e Jim Hoke ha fatto gli arrangiamenti di fiati. Buddy ha chiamato a raccolta un gruppo straordinario di persone per poter concretizzare l’album. Su un brano (Forty Days) c’è anche la Preservation Hall Jazz Band
Il 6 giugno 2014 avete fatto l’unica data italiana al Lo-Fi di Milano. Come è stato il vostro recente tour Europeo (e il concerto italiano in particolare) e qual’è la risposta alla vostra musica da questa parte dell’oceano?
La risposta è stata molto più grande di quella che ci aspettavamo per essere il nostro primo viaggio in Europa. I nostri concerti sono andati molto meglio delle aspettative e molti hanno registrato il tutto esaurito in prevendita, ai concerti un sacco di gente cantava le canzoni ed è stato incredibile per noi ricevere così tanto supporto. Contiamo di tornare prima possibile. Ci sono molti altri paesi che dobbiamo ancora visitare e molte altre città in Italia.
Un’ultima domanda per Lucia Turino: ha origini italiane?
Sì è italo americana dal lato di suo padre ma non parla l’italiano. Speriamo che lo impari per quando torniamo a suonare!
Giulia Nuti