Uno è il simbolo del rock progressive degli anni ’70 e di un cantautorato di classe nella sua carriera solista. L’altro ha incrociato Frank Zappa e Captain Beefheart a inizio carriera e ha legato al suo nome alla canzone Grace scritta per Jeff Buckley. Peter Hammill e Gary Lucas rappresentano due universi musicali differenti che si sono incontrati nel disco Other World (Esoteric/Audioglobe). Un disco che ha riportato l’attenzione del pubblico su due personaggi storici tra rock e blues.
La vostra collaborazione si è sviluppata in un lavoro che si è rivelato produttivo. Ci potete dire come è iniziata?
Hammill: «Gary si è fatto vivo con una mail chiedendo se c’era una possibilità di fare qualcosa insieme mentre era a Londra. Io gli ho suggerito che avremmo potuto farlo ovunque piuttosto che a Londra, in modo che non avessimo pressioni sia di tempo e conseguentemente di spesa per uno studio».
Lucas: «Peter mi ha risposto subito, cosa piuttosto inaspettata. Una volta arrivato a Londra mi ha detto di prendere il treno per Bath dove vive in una casa parzialmente adibita a studio di registrazione.
Come è stato mettersi a suonare insieme?
Hammill: «E’ stata una cosa immediata, molto bella. Eravamo chiaramente nello stesso stato d’animo musicale. E’ arrivato con materiale che immaginavo di realizzare con la voce aggiungendo alcuni impianti sonori. Io stesso avevo preparato idee su cui lui poteva lavorare e ci siamo dedicati a tutto questo».
Lucas: «Per me è stato facilissimo entrare in sintonia con Peter: appena ho messo le mani sulla chitarra sono venute fuori le idee che abbiamo sviluppato insieme così come alcune tracce che aveva sottomano».
Qual è il significato di improvvisazione e sperimentazione in questo lavoro? Entrambe fanno parte della vostra storia, ma stavolta è nata grazie all’interazione tra voi due
Hammill: « Si, ci sono molte improvvisazioni, chiaramente nei pezzi strumentali ce ne è per la quasi totalità. Ma chiunque può anche dire di trovere le le linee vocali e i testi come una strana forma di improvvisazione».
Lucas: «Come è stato semplice iniziare il lavoro, lo è stato anche continuarlo con estrema naturalezza. Improvvisare ha fatto parte dello sviluppo delle nostre idee».
Una domanda per Hammill, l’album è sperimentale ma ha parti melodiche dove il suo tocco è riconoscibile. Sono scritte da lei e come ha lavorato sui testi?
Hammill: «Penso sia inevitabile che siano trovate parti vocali nel mio stile. Il mio approccio alle melodie è di usare la voce nello stesso modo in cui uno lavora alle parti strumentali. All’inizio faccio vocalizzi durante i quali vengono le idee per le parole».
Che sensazioni avete avuto al concerto di presentazione che si è tenuto all’Union Chapel di Londra?
Hammill: «Fortunatamente abbiamo avuto due giorni a Londra per provare e questo è stato molto utile. Per quanto mi riguarda, e penso anche per Gary, ho voluto prepararmi al meglio nelle mie parti durate le prove per poi lasciare che la spontaneità si liberasse durante l’esecuzione».
Lucas: «Io sono rimasto molto colpito dal luogo scenico, una chiesa con una splendida acustica. Siamo stati accolti benissimo dal pubblico tanto che siamo riusciti a preparare una data anche in Portogallo con esito analogo. Peccato che non possiamo preparare un tour vero e proprio dato che Peter sta in Inghilterra e io in America. Verremmo tutti e due insieme volentieri anche in Italia»
A questo proposito, dato che Hammill frequenta assiduamente il nostro paese, vorremmo sapere da Gary Lucas cosa pensa del nostro pubblico.
Lucas: «Io suono volentieri dappertutto e nello scorso autunno ho fatto una serie di concerti italiani che sono stati accolti molto bene. Mi piace inoltre esibirmi in duo in progetti come quello con Peter. Anzi, se qualcuno sa come contattare Mina me lo dica. Sarei onorato di lavorare con lei».
MIchele Manzotti
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