(Ecm / Ducale)
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Un ritorno alle origini e al passato, ma visti con gli occhi di oggi. Protagonista di Phoenix è la cantante tedesca-iraniana Cymin Samawatie che con il suo gruppo Cyminology continua il suo percorso, permettendo ai suoni e ai ritmi della poesia persiana di influenzare la musica. La formazione che dà vita al disco è composta, oltre che da Cymin Samawatie, dal pianista Benedikt Jahnel, dal bassista Ralf Schwarz e dal batterista Ketan Bhati, e da Martin Stegner, violista della Berliner Philharmoniker che dal 2011 collabora frequentemente con loro nei live. Uno strumento, la viola che diviene quasi una seconda voce, in un dialogo musicale tra oriente ed occidente, elemento caratteristico del disco. L’album è dedicato a Forough Farrokhzaad, il poeta iraniano del XX secolo del quale vengono utilizzati alcuni versi oltre a quelli di Hafiz e di Nima Yushij, considerato come il padre della poesia persiana moderna. Un progetto di grande interesse anche per la costruzione musicale attorno ai testi, spesso alternati da momenti classici e jazzistici. Come nella iniziale Aaftaab e in Gozaraan, mentre la melodia della voce elegante di Samawatie è evidenziata in pezzi quali Harire Buse, Talaash Makon e Dishab. Disco molto interessante che forse può incontrare il gusto degli ascoltatori della classica più di quelli del jazz.
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