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Kraftwerk, Teatro dell’Opera, Firenze, 16 novembre 2015

20 novembre 2015 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

Video, computer e musica. Con quest’ultima che appare come un elemento strettamente legato con gli altri. Eppure parliamo di una formazione che ha inciso album senza supporto visivo, molti nell’epoca del vinile. I Kraftwerk però hanno imparato molto presto la lezione sin dal 1974. I musicisti della formazione tedesca incisero il loro primo album che fu subito un successo, Autobahn. L’America si innamorò di loro e li volle per un tour, ma il pubblico di Oltreoceano non era abituato a quattro musicisti pieni di apparecchiature che si muovevano (ovviamente) il minimo indispensabile sul palco al contrario delle rockstar. E dal vivo il successo fu rimandato a tempi migliori, compresi quelli odierni.

 

 

Perché il repertorio, fermo a Tour de France del 2003, non ha avuto bisogno di rinnovarsi. Dal primo all’ultimo disco le vendite sono sempre state considerevoli con alcuni brani diventati veri e propri classici, Quindi è da tempo che il gruppo ha perfezionato uno spettacolo con una parte visiva sempre presente che ha il compito di mantenere viva l’attenzione per brani ripetitivi nel loro Dna. Inoltre la data all’Opera di Firenze era l’unica tappa italiana del tour 3D dove agli spettatori venivano dati gli appositi occhialini. E il fascino visivo ha raggiunto l’apice con la sonda spaziale che atterrava vicino all’Opera senza tralasciare le visioni di un futuro ormai diventato vintage, ma funzionali alla musica.

 

 

Per quanto riguarda la scaletta, il gruppo è partito da Numbers e Computer World passando per i successi più attesi come Autobahn (con protagonista il maggiolino Wolskswagen nel video), Trans Europe Express, Tour de France, Radioactivity. Breve cambio di scena ed ecco i musicisti, fino a quel momento alle loro console con tuta nera a disegni fluorescenti, si presentano in camicia rossa e cravatta per l’esecuzione-rito di The Robots. Tocca a Music Non Stop chiudere una serata che è andata oltre il concerto per inglobare in pieno la videoarte. Una formula che i quattro Kraftwerk hanno saputo anche questa volta tramutare in successo.

Michele Manzotti

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