(Chesky Records / Ird)
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I monti Appalachi non sono solo una coordinata geografica, ma un vero e proprio stato dell’anima. Perché in quella zona che divide il Tennessee dal North Carolina si è concentrata una grande quantità delle anime del continente. Dai nativi americani, agli immigrati europei (come scozzesi, irlandesi e tedeschi), afroamericani tutti hanno contribuito a una cultura tutta particolare, favorita dall’era delle miniere. E nei brani si parla di religione, amori perduti, famiglia, situazioni difficili. E da qui che nasce una parte importante dell’epopea della musica nordamericana: dal country al bluegrass, al blues che si sviluppano nelle attuali forme correlate. Così il violoncellista classico Dave Eggar e il banjoista Ralph Stanley hanno unito le forze insieme a un gruppo di musicisti di livello che sono entrati nella filosofia del progetto The New Appalachians. Ovvero quello di recuperare classici poi elaborati da tanti musicisti, dare ad essi una veste essenziale ma moderna al tempo stesso. Come se si ripulisse una vecchia incisione dai rumori di fondo, alzando un po’ il diapason. Così il gioco è fatto: basti ascoltare le 17 tracce dell’album: come l’iniziale Susanna Gal, la ruvida Coal Miner’s Blues, la melodica Cannon Ball, Wayfairing Stranger in versione bluesy, l’inno Angel Band interpretato con forza, il bluegrass di John Henry, il valzer The Blackest Crow, e la conclusiva e famosissima Will The Circle Be Unbroken, quasi mistica. E poi, chi vuole, si prendere un biglietto aereo per capire come gli Appalachi abbiano prodotto questi pezzi senza tempo.
Michele Manzotti
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