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Di François Couture abbiamo già parlato alcuni anni fa recensendo i suoi primi album. E’ un musicista a cui piace esplorare confini tra folk, ambient, scrittura per strumenti tradizionali e l’elettronica. Canadese del Québec, ha seguito diversi progetti come compositore ed esecutore nell’ambito dell’etichetta Boghei di Québec City. Yahndawà è un disco uscito nel 2011 e dedicato ai brani dei Wendat, popolazione nativa americana originaria dell’Ontario. Oggi i Wendat, di lingua irochese, sono tremila circa e vivono vicino alle città di Loretteville e Québec. Couture ha proposto i pezzi con l’accompagnamento di un’orchestra d’archi diretta da François Dorino unendo il suono della musica occidentale a quello dei nativi americani. Un esperimento interessante che vede nelle voci di Andrée Levesque Sioui e Akienda Laine degli elementi di attrazione.
Eletttonica e lounge sono le protagoniste di Ground Cherry, disco del 2014 che vede il violinista Martin Verret accompagnare le sonorità di Couture. I cocktail diventano brani nel segno della gradevolezza. Un ascolto adatto per il sottofondo, ma talvolta non solo. Tra i pezzi citiamo il tango di Pink Lady, la cantabilità di Apple Martini, l’atmosfera baroccheggiante di Cheeky Girl.
Il Trio Beau Soir, formato da Jean-François Gagné alle viola, Isabelle Fortier all’arpa e Geneviève Savoie al flauto, è protagonista di La Suite Foraine, un pezzo suddiviso in 20 movimenti scritto da Couture. E’ l’incisione più recente che vede in primo piano la musica del compositore. Un immaginario parco di divertimenti visto con stile neoclassico scritto con gusto, anche se mancano (forse volutamente per mantenere la stessa atmosfera) dei movimenti veloci in modo da variare l’ascolto.
Michele Manzotti
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