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Il passaggio di un nome come quello di Adrian Belew per la propria città è sempre un occasione per ripassare (almeno ) tre decadi di rock contemporaneo, una master class adatta anche ai non musicisti in grado però di prestare le proprie orecchie ai vari steps che la complessità del rock’n’ roll è in grado di rilasciare. Aperto dal trio francese Lizzard , band a forte tinte crimsoniane , il concerto è stato presentato dal giornalista , promoter , organizzatore ma soprattutto anima prog della capital , Guido Bellachioma , che piacevolmente esterrefatto ha anche comunicato al pubblico l’inedita partecipazione di Belew al Dopofestival di Sanremo, prevista per la serata successiva. Miracoli del rock ! Un atto di grande sostanzialità e densità di messaggio nel regno del superfluo. Quello che è successo dopo è stato, come detto, un’ora e quaranta minuti di dimostrazione e scuola aperta dove l ‘ex chitarrista dei King Crimson ha sciorinato tutto lo scibile della musica pop, evitando però accuratamente di ricorrere a cover ( cosa che frequente fa ed anche egregiamente) e a situazioni smaccate (vedi l’omaggio a David Bowie, atteso e non concesso , dal quale si è intelligentemente tenuto alla larga) . Aperto dal velocissimo rock’n’roll , il concerto è stato un vero e proprio “shows of hands“ dove Belew e i suoi due partner ormai abituali: la bassista Julie Slick , ieri anche alla chitarra ritmica, e il batterista Tobias Ralph hanno messo al servizio delle canzoni la loro abilità tecnica e soprattutto la loro sintonia . Un unico neo: il volume sonoro della Slick decisamente troppo sotto a quello della chitarra di Belew che ha in una certa misura penalizzato il proprio sforzo. Il repertorio ha sostanzialmente riflesso le due espressioni più importanti della carriera del chitarrista ed autore: quella solista e quella nei King Crimson e soprattutto nella seconda Belew ha vinto la sfida più importante: tenersi lontano dalla nostalgia ,grazie alla tecnologia e ad un pout purri tecnologico che Belew riesce a regalare al pubblico con ironia ed ilarità . Cosi la romantica “Heartbeat“ si scioglie dopo appena un minuto dentro bizzarre nuvole sonore in un altro brano crimsoniano, “Walking on air”. Altrettanto succede con “One time“ più corta dell’originale . In un certo senso Belew nel concerto ha ripreso la vecchia idea zappiana della musica: un corpus apparentemente unico, denso di spezzettature , di tempi dispari, di improvvise ripartenze , di caos sapientemente organizzato , di elasticità . Dopo sapienti ripescaggi dal proprio repertorio ,“Lhone Rhinoceros “ addirittura dal 1982 , periodo post- Talking Heads , la prismatica “E” , la perla “Futurevision“, lo show si chiude con “Indiscipline“ dal primo di disco dei King Crimson post new wave. Forse il brano che rende meglio il sentire musicale di questo artista a cavallo tra le epoche , contemporaneo e allo stesso tempo lontano da ogni conformismo musicale in grado di regalere al pubblico un compendio del rock più intelligente , un prontuario buono ancora per molto tempo.
Ugo Coccia
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