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Recensioni

The Who, Unipol Arena, Casalecchio (Bologna), 17 settembre 2016

18 settembre 2016 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

www.thewho.com

Concerto o rito collettivo, poco importa. Se da più di 50 anni ci sono musicisti che fanno il loro dovere sul palco, l’occasione era da non perdere. A maggior ragione quando chi sale sul palco è la metà rimasta in vita degli Who: Pete Townshed chitarrista che ha scritto brani che fanno parte della storia della musica, e Roger Daltrey, cantante rimasto ancorato al suono originale del gruppo e al blues che ha coltivato in progetti paralleli. Entrambi hanno superato i settant’anni (come Bob Dylan, Paul McCartney e Mick Jagger), ma nonostante questo il pubblico (oltre 10 mila spettatori all’Unipol Arena di Bologna, si replica lunedì 19 al Mediolanum Forum di Assago-Milano) preferisce sempre affidarsi ai protagonisti in prima persona di un’epoca irripetibile. Ovviamente l’età gioca sulla performance, sia per quanto riguarda la voce di Daltrey, spesso supportata da quella di Simon Townshend, sia per i limitati movimenti in scena rispetto al passato. Ma i due Who superstiti riescono comunque a creare tra di loro la giusta alchimia per riproporre ciò che il pubblico vuole ascoltare dopo essersi ascoltato per anni album come Who’s Next, Tommy e Quadrophenia.

Con un gruppo dove in primo piano c’è Zack Starkey alla batteria, figlio di Ringo Starr e autentico direttore musicale, e l’ordinato ma efficace bassista Pino Palladino, The Who hanno aperto il concerto, come d’abitudine per il gruppo, con I Can’t Explain, primo di una serie di evergreen. Tra questi Who Are You?, Behind Blue Eyes, 5:15, l’inno My Generation, The Kids are Alright, un selezione da Quadrophenia e un’altra da Tommy. Sullo sfondo video da film, immagini di attualità e tributi agli Who scomparsi, Keith Moon e John Entwistle, accolti da un’ovazione. Il trionfo musicale e il delirio del pubblico si concretizza con le due perle da Who’s Next, Baba’O'Riley e Won’t Get Fooled Again. Alla fine il ringraziamento di Daltrey e Townshend dà l’impressione di rivolgersi non solo al pubblico arrivato a Bologna, ma a tutti coloro che in oltre 50 anni hanno contribuito a far entrare il gruppo nella storia,

 

Michele Manzotti

 

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