il popolodelblues

The state I'm in

In memoria di Leonard Cohen

11 novembre 2016 by pdb in The state I'm in

 

Ricordiamo Leonard Cohen con l’articolo scritto da Ernesto de Pascale dopo il concerto di Firenze in Piazza Santa Croce il 1 settembre 2010

Leonard Cohen ha un sorriso sornione che mantiene per larga parte di ogni concerto nei posti dove si sente a suo agio. Chiamando il pubblico “amico”, togliendosi il cappello per salutarlo e per ringraziare con molti mezzi inchini i suoi compagni di avventura. Sul palco si circonda di facce note, di musicisti legati a lui da motivi diversi a partire dal direttore musicale, il bassista Gordon Beck, con lui dal tour del 1980.Dal vivo, bastano le prime note per capire che Leonard e compagni fanno sul serio e che i dieci musicisti sul palco a sostenere le declamatorie poesie in musica del grande canadese non sono solo una qualsiasi band di accompagnamento.

 

I brani vecchi che abitualmente propone brillano subito di luce propria: da Bird on A Wire a The Future fino a I’m Your Man e a una versione di Suzanne totalmente spoglia da qualsiasi orpello. Con il fido e “impeccabile” ( così lo introduce Cohen) Neil Larsen all’Hammond a cucire le parti e il multistrumentista italo californiano Pino Soldo, Cohen si sente ben protetto nel commuovere un pubblico in totale adorazione.

 

Ogni parola detta è declamata, ogni testo scandito affinché le parole davvero arrivino al cuore delle persone. E lui con il cuore ci pare cantare: pieno di voglia, di mettersi alla prova, forte dell’aver riscoperto un gioco – il concerto dal vivo – di cui aveva perso forse anche i ricordi.

 

Il chitarrista Bob Metzeger, con il canadese dal 1988, è l’anima americana del gruppo mentre il batterista Rafael Gayol, dal Texas, aggiunge un senso di desolazione con i suoi sparsi tamburi. ”Ricordatemi come un uomo che ha speso la sua vita per la musica” canta in First We Take Manhattan e le parole prendono un significato profondo mentre fuori “il mondo è pieno di cose terribili”, dice, e ringrazia perché “essere ascoltati oggi è un privilegio”. “Ho fatto del mio meglio, e anche se tutto è andato male io mi presenterò al Signore della Canzone con niente altro sulle mie labbra se non Hallelujah”.

 

Ed Hallelujah è il brano che presenta a ogni occasione con una fila interminabile di bis, di affetto, di voglia di tornare a cantare da parte di un uomo i cui segreti non sapremo mai ma che per pochi mesi si è preso una vacanza dalla sua volontaria segregazione per andare nel mondo con le sue grandissime canzoni.

 

Ernesto De Pascale