(Delta Groove Productions)
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Al momento in cui scriviamo Mitch Kashmar ha da poco ricevuto dalla Cascade Blues Association il premio come miglior armonicista blues del 2016. Si può dubitare del reale valore di questo tipo di riconoscimenti: resta il fatto che “West Coast Toast” (uscito a 10 anni di distanza dal precedente “Wake Up & Worry”) è una ulteriore, schiacciante prova della bravura ed originalità dell’armonicista californiano. Per le incisioni delle 11 tracce il bluesman di Santa Barbara, CA si è affidato ad uno snello quartetto, che lo segue in tutto il disco senza l’ausilio di ospiti estemporanei. Non è difficile capire il motivo di questa scelta, dal momento che la Delta Groove ha radunato un vero dream team della West Coast: Junior Watson alle chitarre, Fred Kaplan al pianoforte ed organo, Bill Stuve al contrabbasso, Marty Dodson alla batteria. E’ naturale che un tale concentrato di esperienza ed abilità sposti sensibilmente il baricentro dell’album, portandolo a volte verso atmosfere vicine al jazz ed alla logica del contributo collettivo. Ci sono infatti diversi episodi strumentali (la swingata “East of 82 Street”, il groove quasi latino di “Makin’ Bacon”, per esempio) che permettono ai tre solisti di far mostra di tutta la loro personalità, con il supporto sempre efficace di una sezione ritmica dal sound solido ed essenziale. In fondo – pur nei diversi ambiti di competenza – gli stili di Kashmar, Watson e Kaplan hanno in comune la stessa capacità strabiliante, quasi visionaria, di sovvertire i canoni dei rispettivi linguaggi strumentali, trovando sempre vie espressive nuove e di ineccepibile gusto (ciò che accade nel mood minore di “Young Girl” è esemplare, al riguardo). Nel pieno spirito della costa ovest, non mancano momenti più leggeri, come il jump allegro di “Petroleum Blues” o il ritmo incalzante di “Love Grows Cold”. Insomma, per chiunque ami l’armonica – ed in generale l’approccio californiano al blues – “West Coast Toast” è un album irrinunciabile, immediato e pieno di idee. Speriamo solo di non dover attendere altri 10 anni per un’altra testimonianza simile.
Pietro Rubino
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