(Legacy / Columbia Records)
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Nella lunghissima saga musicale che ebbe per protagonisti i Grateful Dead, il chitarrista e cantante Bob Weir occupa un posto del tutto particolare: il suo fascino da ragazzo problematico era un perfetto contraltare alla quieta saggezza di Jerry Garcia, esprimendosi dal vivo in un bizzarro repertorio composto da personalissime composizioni, scatenati rock’n roll e languide ballate direttamente provenienti dalla tradizione country/folk americana. E’ proprio l’archetipo del “sad cowboy” il personaggio dominante nell’intenso “Blue Mountain”, nuovo lavoro solista che arriva a più di dieci anni di distanza dalle precedenti produzioni. Stimolato dai ricordi di un’adolescenza passata in un ranch del Wyoming, Weir ha composto 12 paragrafi di un unico grande racconto, in cui la maturità faticosamente conquistata di un uomo ormai alla soglia dei 70 anni incontra l’equilibrio ancestrale della Natura. Che la catarsi avvenga sulle rive di un fiume (nella corale “One More River To Cross”), alle pendici una montagna (la title track, con la splendida voce di Weir accompagnata da una semplice chitarra acustica) o nella contemplazione notturna di un deserto (sfondo su cui si eleva la magnifica “Storm Country”), il ritmo è quasi sempre quello soffuso della ballata. Non può mancare, in un tale mood, più di un pensiero per il compianto amico e mentore Garcia: il testo di “Only A River” contiene espliciti riferimenti a “Oh Shenandoah” – traditional da lui molto amato – mentre la spettrale “Ghost Town” sembra scritta apposta per evocare i fraseggi ipnotici della sua indimenticata chitarra. Certo, la produzione molto curata del disco – a tratti quasi invadente – potrebbe spiazzare i frequentatori assidui delle sonorità del Morto Riconoscente, abituati a ben altra immediatezza; il complesso intreccio di suoni, voci e strumenti è però funzionale a marcare la discontinuità di “Blue Mountain” con i dischi (e le esperienze di vita) precedenti. Per fortuna Bob Weir ha ancora voglia di vivere e suonare on the road (il lungo tour dei Dead & Company con un insospettabile John Mayer è stato un successo di critica e pubblico). Ma se si vuole accedere alla parte più oscura ed intensa della sua anima, occorre inerpicarsi senza indugio per i sentieri di “Blue Mountain”.
Pietro Rubino
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