(Knick Knack Records)
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Chi scrive ha avuto la fortuna di vedere Ray Cashman esibirsi dal vivo, approfittando di un suo estemporaneo passaggio in Italia (era accompagnato per l’occasione dall’ ottimo Michele Biondi). Complice un ambiente intimo, dimensione ideale per apprezzare il carisma del bluesman texano, venne subito da pensare: “this is the real thing!” (espressione che gli americani utilizzano per definire qualcosa di particolarmente autentico). “Slow Drag”, sesto album di Cashman, è un manifesto altrettanto sincero ed evocativo della sua personale interpretazione del termine “country blues”: una sintesi mirabile tra la quiete della campagna e la durezza della strada, quasi un’immaginaria partita a poker tra i delicati arpeggi di John Hurt e la spiritata slide guitar di Fred McDowell (entrambi due “Mississippi”, appunto, sebbene antitetici nello stile). Che si avventuri in serrate cavalcate elettro-acustiche (le due parti di “She’s Just A Girl”, l’oscura ricerca delle radici di “Where The Blues Was Born”), si culli in atmosfere più riflessive (“Full Moon Over Orleans”) o scherzi con il gospel (la picaresca “Rise Again”), “Slow Drag” non manca mai di marchiare a fuoco. Graziato (o dannato) da una voce decisamente complessa – in cui ogni inflessione fa pensare ad una cicatrice mai guarita – Ray Cashman ha il potere di scuotere l’anima con poco; fosse anche – come accade per la splendida “Nana’s Diner” – la semplice storia di un negozio dall’altra parte della strada.
Pietro Rubino
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