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The state I'm in

Butch Trucks (1947 – 2017)

28 gennaio 2017 by pdb in The state I'm in

Nel pomeriggio del 24 gennaio si è tolto la vita nella sua casa di Palm Beach Butch Trucks, batterista e co-fondatore della Allman Brothers Band. Inutile e poco sensato avventurarsi in ipotesi sui motivi che possono aver condotto ad un simile gesto. Sicuramente l’uomo fu molto lontano dall’archetipo della ex-rock star impantanata sul viale del tramonto: Trucks era prima di ogni altra cosa un musicista di elevata caratura, capace di mantenere negli anni elevati standard con progetti sempre all’altezza delle sue capacità, anche se lontano da quelle luci della ribalta che – tra successi inarrivabili e rovinose cadute – illuminarono la band dei fratelli Allman.

Dal punto di vista dello stile tecnico siamo lontani dalle evoluzioni che fecero grandi eroi del drumming come Mitchell, Bonham, Moon, ecc. Eppure si può sostenere senza timore di smentita come Trucks – insieme al suo collega Jai Johanny Johanson – abbia fornito un contributo fondamentale al progresso della musica rock negli anni ’70. Gli Allman Brothers furono forse il più fulgido esempio della possibile coesistenza in musica di sensibilità e generi apparentemente lontani quali il jazz, il country, il blues, la psichedelia. Per la verità, in molti si cimentarono nella sintesi di una globale “american music” senza steccati, quasi la ricerca di una alchemica pietra filosofale: gli Electric Flag per primi in ordine di tempo, i Grateful Dead – anche loro con due batterie in formazione – magari più spericolati; ma fu il sestetto della Georgia che seppe operare la fusione con eleganza e perizia insuperate. E se la linea fu dettata sicuramente dalla mente visionaria e brillante del chitarrista Duane Allman, senza il drumming raffinato ed eclettico della coppia Trucks/Johanson non sarebbe stato possibile percorrere sentieri così erti con tale sicurezza. Nell’economia della band, Butch Trucks – le cui influenze erano profondamente radicate nel folk e nel rock di quegli anni – fu la colonna portante del ritmo, un beat costante e solido cui faceva ideale complemento lo stile più vicino al jazz di Jaimoe. Ovviamente questi due livelli – relativamente distinguibili nelle esecuzioni più convenzionali – tendevano a diluirsi e confondersi splendidamente nelle lunghe improvvisazioni che furono la cifra stilistica della band.

C’è poi un’eredità di tipo diverso che Trucks ha lasciato negli anni, non meno importante: l’importanza di mantenere una integrità di anima e pensiero a dispetto delle insidie di cui il music business non è mai avaro. In molti sarebbero rimasti schiacciati dalle vicende spesso drammatiche che hanno funestato la band dei fratelli Allman negli anni: eppure Butch ha tenuto duro, consegnando il testimone ideale di una musica creativa e libera proprio in famiglia, come si conviene ad un gentiluomo del sud quale era. E da oggi seguiremo le già gloriose gesta dei suoi parenti e discepoli (di cui il nipote Derek Trucks è il più noto) con un occhio diverso ed una intensità se possibile ancora maggiore.

Pietro Rubino

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