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Nuovo grande bagno di folla nella capitale per l’ex chitarrista dei Genesis che a Roma chiudeva la sua piccola tournée italiana di 4 date con il suo spettacolo intitolato Classic Hackett/Genesis Revisited . Un modo per dire “ecco io sono questo qui!“: Dopo i primi anni della sua carriera da solista passati a presentare il proprio repertorio e l’ultimo quinquennio dedicato ai classici della sua band, l’ultimo grande difensore degli stilemi primordiali del suono prog ( se così vogliamo chiamarlo per comodità ) è arrivato ad un equilibrio perfetto. Come in una pièce teatrale, metà tra vecchi e più recenti brani della sua storia e metà canzoni dei Genesis . Cogliendo in entrambi i casi non solo il meglio ma anche l’inusuale ed inconsueto ricciolo di un barocco rock che ha spezzato il cuore a molti nel nostro paese. Hackett si è presentato con una band ormai molto rodata composta da Rob Townsend ai fiati, Roger King alle tastiere , Gary O’toole, batteria, il pittoresco Nick Beggs al basso, tornato dalla reunion con i Kajagoogoo e con il cantante Nad Sylvan per i soli brani dei Genesis. Dopo aver aperto col brano più corale della sua carriera “Every day“, mai mancante ai suoi concerti, Hackett ha dato dimostrazione delle sue ottime capacità non solo di chitarrista ma anche di attento ricercatore di tutte quelle componenti che hanno poi creato un genere: opera , operetta inglese , il pop melodico di derivazione beatlesiana e la polifonia vocale tipica degli oratori barocchi del seicento. Questo ed altro ancora si ritrova in una scaletta varia e realizzata con giustapposizioni azzeccate. E’ il caso della nuove composizioni dell’ultimo album “ The night siren“ che si integrano benissimo con le vecchie “The steppes“ da “Defecto “ e “Shadow of hierophant “ dal primissimo Voyage of the Acolyte . Succede ancor di più nella riproposizione del classico dei Genesis Wind and wuthering del quale Hackett ha riproposto i primi due brani dell ‘LP , “ Eleventh earl of Mar“ e “One for the wine“, slittando poi direttamente a “Blood on the rooftops“ , “ …in that quiet earth “ e “ Afterglow “ conglobando anche “Dance on a Volcano” (del precedente “A trick of the Tail“) , e la chicca “ Inside and out “ ( che faceva parte dell’ultimo capitolo dell’era Hackett , l’EP “ Spot the Pigeon“ ) dando così al disco una nuova lettura. Ma oltre alla sapiente quanto abile capacità di mestierante che sa di sapere cio’ che cerca il suo pubblico e di conseguenza sa ,con grande maestria,come riproporre il proprio materiale Hackett ha dato prova di una altra qualità : quella di essere anche attento all’ “esistente” e di non vivere ancorato solo alla sua personale visione della musica . Uno dei brani nuovi “Behind the smoke “ è stato scritto pensando all’integrazione, al dolore dei migranti e al bisogno da parte di una parte di questo nostro mondo di ricongiungersi ad una idea di pace e di fratellanza e con le stesse parole che Hackett ha rivolto al pubblico “noi siamo musicisti e quindi siamo per natura stessa dei migranti : Nel mio album ci sono musicisti provenienti da tanti paesi ed io stesso vengo da una famiglia di che arrivo’ in Inghilterra 100 anni fa . Noi non abbiamo confini“ . Nel concerto ci sono stati altri momenti di alta intensità dove Hackett ha trovato parole ironiche per la Brexit o parole commoventi per ricordare il padre , pittore che vendeva i suoi quadri a Hyde Park per introdurre la canzone “Serpentine song“ . Un concerto completo quindi dove hanno trovato spazio alla fine i brani dei Genesis dell’era Gabriel , Firth of Fifth e una stupenda “Musical Box“ mentre il bis è stato affidato all’intramontabile “Los Endos“.
Ugo Coccia
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