(Incipit / Egea)
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Leggendo il titolo non può non venire in mente il classico dei Beatles. Ma la Abbey a cui fa riferimento il disco di Ada Montellanico non sta per abbazia (e quindi la strada dell’abbazia nella traduzione letterale), L’omaggio è infatti ad Abbey Lincoln, figura importante in ambito musicale e per l’intero movimento Black Power. Cantante e autrice originale, iniziatrice di una nuova strada del jazz vocale, collocandosi idealmente vicina ad altre grandi artiste quali Billie Holiday e Nina Simone. Dagli anni ’60 a fianco di Max Roach, la sua carriera artistica, è stata sempre unita alla sua intensa attività in seno alla comunità nera, facendo sì che la sua musica diventasse cassa di risonanza nella denuncia delle discriminazioni razziali vissute dalla popolazione afroamericana. Montellanico, affiancata da Giovanni Falzone alla tromba ma soprattutto nella cura del progetto, ha recuperato parte del repertorio di Abbey Lincoln inserendo anche brani originali. A loro si uniscono Matteo Bortone al contrabbasso, vincitore del Top Jazz 2015, Filippo Vignato al trombone e Ermanno Baron alla batteria. Fra le tracce scelte ci piace segnalare la ballad First Song, la graffiante e percussiva Driva Man, Wholey Earth, la conclusiva Rainbow con le sue armonie strumentali. La voce di Montellanico è chiamata a un compito più arduo del solito mescolando la melodia a uno scat poco incline alle soluzioni facili. In questo è ben supportata dai musicisti che hanno compreso in pieno lo spirito del progetto. Un disco di grande interesse che ha una precisa identità nella produzione jazzistica nazionale.
Michele Manzotti
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