(Gypsy Eyes Music / Ird)
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Poniamo per assurdo che all’improvviso salti fuori un disco postumo del compianto Williy DeVille, magari caratterizzato da un deciso taglio folk/country: probabilmente suonerebbe in maniera molto simile a questo “Pretty Little Troubles”, ultima fatica di Malcom Holcombe. I due musicisti hanno infatti in comune il graffio e le tinte scure della voce, insieme ad un gusto per la narrazione molto vicino ad alcuni grandi autori americani del secolo scorso (vengono in mente Faulkner, Steinbeck). Ma se l’ululato del compianto DeVille risuonava soprattutto in una frontiera immaginaria posta tra Messico, Texas e Louisiana, Holcombe è piuttosto radicato stilisticamente nel territorio di origine: la North Carolina e le mitiche Blue Ridge Mountains. Ci si imbatte quindi senza forzature di sorta in un universo affascinante di sonorità prettamente acustiche, arricchito dalla peculiare capacità di Holcombe di catturare temi e suggestioni di diversi patrimoni culturali riletti secondo la propria personale visione. Un senso drammatico, un’epica del minimalismo che si avverte su cristalline ballate (“Yours No More”, la preziosa “Rocky Ground”), così come in esercizi ritmicamente più serrati (“Good Ole Days”). Scommetteremmo poi tranquillamente sull’esistenza di un preciso retaggio familiare del cantautore che rimanda al Vecchio Continente, vista la dimestichezza con cui Holcombe si muove su arrangiamenti che sanno molto di Irlanda e Scozia (“Eyes Of Josephine”, “South Hampton St.”). All’interno dell’infinita saga che racconta la continua rinascita del folk, “Pretty Little Troubles” è un episodio di tutto rispetto.
Pietro Rubino
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