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Se vogliamo usare uno stereotipo. questo è stato il classico concerto che non ti aspetti. Più correttamente: lo aspetti se sai leggere o informarti al di là dei cosiddetti eventi (parola che dovrebbe essere ridimensionata nell’uso) di una programmazione cittadina. In questo caso Firenze, che ha visto un’estate 2017 molto intensa. Alejandro Escovedo, che comunque merita attenzione a prescindere per storia e professionalità, ha scelto una cornice abituale della scena fiorentina anche se più legata al teatro. Grazie all’iniziativa dell’Associazione La Chute e di Massimiliano La Rocca lo spazio estivo di San Salvi ha ospitato il concerto del musicista di Austin insieme a “Don” Antonio Gramentieri e alla sua formazione. Una combinazione che ha dato vita a una serata memorabile, e non usiamo spesso questo aggettivo. Per la qualità musicale, per la compattezza del suono del gruppo, per la giusta alchimia che si è creata tra palco e pubblico. Escovedo, figlio di emigranti messicani (padre suonatore di mariachi e fratello percussionista di Santana) ha collaborato con tanti nomi di lusso a partire da Bruce Springsteen. Inoltre la produzione del nuovo “Burn something beautiful”, affidata ad uno dei suoi tanti fans, Peter Buck dei R.E.M. Eppure sale sul palco dando tutto se stesso, ricordando e facendo applaudire il gruppo spalla Jd Hangover, raccontando la sua musica, duettando con Gramentieri e con la formazione tutta (che a sua volta dà il meglio di sé). Una serata di grande Americana, dal tex-mex di Can`t Make Me Run al country rock di Shave The Cats, alla splendida ballata scritta con Chuck Prophet Sister Lost Soul, fino alla canzone dedicata a Austin Bottom Of The World e al tiratissimo finale di Always A Friend. Emozioni continue e atmosfera familiare a fine concerto. Una combinazione perfetta.
Michele Manzotti