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Foto di Marcello Matranga
Anche quest’anno, al Carroponte si è svolta la periodica edizione di “Bloom in Blues”. Non è mancata un’iniziale sorpresa. Il preannunciato “opening act”, Laurence Jones, non era presente, ed è stato rimpiazzato dalla Cava Blues Band, per l’occasione in veste di duo acustico (voci e chitarre), protagonisti di un’onesta e gradevole esibizione, alternando classici del country/blues e brani originali. Una manciata di minuti prima delle ventidue, ha fatto il suo ingresso l’headliner della serata, Kenny Wayne Shepherd, accompagnato dalla sua band. Kenny Wayne Shepherd, nei primi anni ’90, è stato un “ragazzo prodigio” in ambito rock/blues. La sua produzione discografica, sempre positiva, ha raggiunto ottimi picchi qualitativi nell’ultima decade, complice un ritorno a sonorità più genuine e a collaborazioni di prestigio.
Il suo recentissimo Lay It On Down, è uscito ufficialmente sul mercato italiano soli due giorni prima del concerto al Carroponte e Kenny Wayne ne ha proposte cinque tracce (Hard Lesson Learned, Baby Got Gone, Down For Love, Diamonds & Gold e Nothing but the night), numero perfetto per farne comprendere le caratteristiche senza penalizzare altri celebri brani della sua discografia. Rock, rock/blues, blues, ballate con in primo piano anche la chitarra acustica di Noah Hunt, sono stati gli ingredienti principali della serata. Un applauso particolare lo hanno meritato anche Deja Voodoo e Blue On Black, tratte di primi due album di Kenny Wayne. Non sono mancate delle cover. Talk To Me baby di Elmor James, un medley, con dedica speciale a B.B. King, incentrato su Woke up this morning e la finale Voodoo Child di Jimi Hendrix, in versione dilatata ed entusiasmante.
Tutti gli elementi del gruppo collaborano da molto tempo, su cd e dal vivo, con Kenny Wayne e ciò contribuisce a creare un amalgama e un feeling particolare e proprio la band, o meglio, il supergruppo, merita un discorso a parte. Noah Hunt, originario dell’Ohio, vocalist e seconda chitarra in parecchi brani, è un cantante carismatico, dalla voce versatile, potente e al contempo calda, ed è con Kenny Wayne ormai dal 1997. Riley Osbourne (hammond e piano), da New Orleans, ha collaborato con artisti come B.B. King, Sue Foley, Calvin Russell, Willie Nelson, Doyle Bramhall, Robert Earl Keen e moltissimi altri. Ma è la sezione ritmica a rappresentare un vero pezzo di storia della musica. Il bassista Kevin McCormick, di Los Angeles, ha suonato, tra gli altri, con Jackson Browne, David Crosby, Nils Lofgren, John Mayall, Robben Ford, Keb’ Mo’, David Lindley e Melissa Etheridge. Il batterista poi, il mitico Chris Layton, da Austin, ha uno sterminato curriculum che non serve citare, dopo aver detto che è stato il batterista dei Double Trouble di Stevie Ray Vaughan.
Kenny Wayne Shepherd, fedele utilizzatore delle sue Fender Stratocaster Signature, e di amplificatori Fender (due ’65 Twins ed un ’59 Bassman reissues), sul palco si è confermato un chitarrista sanguigno, trascinante, che ha carpito i segreti dei grandi del rock/blues riuscendo però a spaziare tra vari stili, dimostrando versatilità, tecnica e “anima”. Ottimo autore, è discreto anche come cantante e in un paio di brani si è cimentato come voce solista, ma, coerentemente e con ragione, preferisce lasciare l’incombenza della voce principale ad un cantante “vero” e obiettivamente più dotato, come il bravo Noah. Ottimo concerto davvero, e una serata che tutti i presenti ricorderanno con piacere e soddisfazione.
Stefano Tognoni
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