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In memoria di Bruno Canfora (1924-2017)

Magro, alto, con i baffi e gli occhiali. La sua figura era inconfondibile, dietro presentatori e cantanti e davanti all’orchestra, quella di musica leggera della Rai che dirigeva con gesti essenziali e precisi. Una presenza importante per tanti italiani che negli anni Sessanta si riunivano il sabato sera davanti alla televisione in bianco e nero. E che da oggi piangono la sua scomparsa, insieme a tanti personaggi dello spettacolo che hanno collaborato con lui. Bruno Canfora, milanese di nascita, è morto a 92 anni nella sua casa nei pressi di Perugia. Era diventato un’icona (discreta, garbatissima) di quella tv in cui per farti apprezzare dovevi dimostrare di saper fare – e bene – il tuo mestiere. Infatti. La sua grande popolarità arriva con trasmissioni che entravano nelle case degli italiani tramite l’allora giovanissimo mezzo televisivo, di Stato. Prima fra tutte “Studio Uno”, il programma del sabato sera che ebbe un successo straordinario soprattutto per lo stile innovativo degli autori Antonello Falqui e Guido Sacerdote: niente scenografie sfarzose e ridondanti, ma la semplicità di ampi spazi con arredi essenziali e con movimenti e cambi di scena a vista (strumenti di ripresa e microfoni a giraffa inclusi) per favorire la partecipazione di cantanti, attori e ballerini. Qui Canfora, oltre a dirigere l’orchestra, era il compositore di sigle e brani rimasti saldamente nel repertorio popolare italiano. Le gemelle Alice ed Helen Kessler danzavano cantando “Da-da-un-pa” e “La notte è piccola”. E Rita Pavone (che ieri ha affidato a Twitter il suo dolore per la morte di Canfora), interprete di “Fortissimo”, “Il ballo del mattone”, “Il geghegè”. Poi Rocky Roberts con il suo “Stasera mi butto”. Infine Mina, incontrata quando era giovanissima e per la quale aveva diretto l’orchestra in “Le mille bolle blu” a Sanremo 1961. La cantante aveva portato al successo “Due note”, “Brava”, “Sono come tu mi vuoi”, “Vorrei che fosse amore”: insieme fecero anche un tour in Giappone caratterizzato dal brano “Anata To Watashi” (Tu e io) che ebbe un grande successo in quel paese. Il pubblico della tv conosceva però già Canfora come direttore d’orchestra di “Canzonissima”, sin dal 1959 con Nino Manfredi, Paolo Panelli e Delia Scala. E l’edizione 1968 – per capire come il Maestro sapesse creare anche di note destinate al grande successo popolare – fu caratterizzata dalla sua sigla “Zum Zum Zum». E poi il già citato Festival di Sanremo dove diresse l’orchestra negli anni 1961, 1988 e 1993, e per il quale scrisse “La vita”, assurta a hit internazionale grazie all’interpetazione di Shirley Bassey nel 1968. Canfora partecipò, inoltre, ad alcuni musicarelli nella parte di sé stesso, ed ha composto le musiche di molte colonne sonore di film come “Rita la zanzara” e “Non stuzzicate la zanzara” con la Pavone, “Io non scappo… fuggo”, “Nel giorno del Signore”. Prima della televisione, la sua presenza in Rai era legata alla radio. Una testimonianza importante in questo senso è stata recuperata in Cd nel 2005 grazie alla collana Via Asiago 10 della Twilight Music. Canfora è protagonista di “Tribute to Ellington” insieme alla Big Band della stessa Rai con i grandi classici di Duke quali “Caravan”, “Mood Indigo”, “Take the A Train”. Tra le tante collaborazioni è stata importante anche quella per le commedie musicali di Garinei e Giovannini per cui aveva composto “Viola violino e viola d’amore” e “Poco poco”, affidate all’interpretazione delle gemelle Kessler. Aveva lasciato il mondo dello spettacolo nel 1995. L’ultima sua partecipazione fu a “Papaveri e Papere” con Pippo Baudo e Giancarlo Magalli. «Da allora è rimasto dietro le quinte – dice il figlio Daniele, anch’egli musicista – ma non ha mai abbandonato la musica: è stato molto vicino all’orchestra della Rai, di cui è sempre stato un punto di riferimento, e ha curato fino a dieci anni fa gli arrangiamenti dei brani di alcuni musicisti».

Michele Manzotti

Da Qn del 7 agosto 2017

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