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Nato in Pakistan e cresciuto negli Stati Uniti, Rez Abbasi ha conosciuto subito e in modo naturale la prassi delle fusione sonora partendo dal jazz. Chitarrista appassionato di rock prima e di jazz dopo con frequentazioni importanti in tutti gli Stati Uniti, Abbasi ha riunito nel gruppo elettrico Junction il sax di Mark Shin, la batteria di Kenny Grohowski, le tastiere e l’elettronica di Ben Stivers per un album di grande interesse. A partire dalla traccia iniziale, Hoky Butter, pezzo ispirato dalla collaborazione con un compagnia di danzatori indiani, caratterizzato da un mix di funky e poliritmia. Molto curata la melodia di Groundswell, la base della sezione ritmica in Uncommon Sense, le invenzioni di Self-Brewing e di New Rituals. Un disco che si fa apprezzare per le idee senza per questo ripetersi in una sperimentazione fine a se stessa.
Sono passati nove anni da Imparis, che il Popolo del Blues recensì positivamente per l’alta qualità musicale di quel lavoro discografico. Fortunatamente anche Devoto è allo stesso alto livello e allora ci si chiede come mai un gruppo italiano come i Deus ex Machina (nella foto in home page) debba incidere una volta ogni tanto, oltretutto per un’etichetta del nord America, con una notorietà limitata rispetto al proprio valore. La voce di Alberto Piras, il violino di Alessandro Bonetti, le chitarre di Mauro Collina, il basso di Alessandro Porreca, le tastiere di Luigi Ricciardello e la batteria di Claudio Trotta si muovono verso un jazz prog che guarda avanti pur mantenendo un piede in un passato glorioso. Brani come la traccia titolo, la voce e la poliritmia di Distratto da me e di Transizione, lo strumentale e acustico Quattro piccole mani, lo dimostrano in pieno.
Michele Manzotti
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