(Rounder Records)
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Southern Blood è il disco postumo di Gregg Allman scomparso il 27 maggio di quest’anno. Un disco fortemente voluto, registrato e completato con la consapevolezza di aver poco tempo a disposizione prima di concludere il suo avventuroso viaggio terreno e, proprio per questo motivo, un disco pieno di simboli, messaggi e segnali. A cominciare dalla scelta degli studi di registrrzione, quei leggendari Muscle Shoals Studios in Alabama dove il fratello Duane, attraverso una serie di registrazioni passate alla storia, aveva seminato il terreno dal quale nacque la sua leggenda. Ed è proprio il sound degli Studios di Muscle Shloas, morbido ed accogliente, a fare da sfondo a tutto il disco che si dipana attraverso una serie di canzoni – otto cover e due inediti – la cui scelta è anch’essa uno di quei segnali lasciati in questo disco. La partenza è affidata a My Only True Friend scritta con Scott Sherrard nel cui testo è contenuta quella “Hope you’re haunted by the music of my soul, when I’m gone” che, nello spiegare il perchè di un disco, racchiude il senso di una vita intera. Il resto del disco è un viaggio in cui il Midnight Rider ci accompagna in una struggente galleria delle emozioni nella quale alla dolcissima Once I Was di Tim Buckley si alterna la drammatica Going Going Gone di Bob Dylan per poi intingere le note nei colori della malinconia e dipingere l’autunnale Black Muddy River presa dal repertorio dei Grateful Dead (“I will walk alone by the black muddy river and sing me a song from my own”). Willin’ è l’omaggio al viaggio, al trip, alla frontiera ed alla polvere che ti secca la bocca assetata e bruciante dal troppo caldo e dall’alcool scadente mentre la morbida, speziata, sudista e sorniona Blind Bats and Swamp Rats è la ciliegina scovata in quel magnifico “Ton-Ton Macoute!” del 1970, di Johnny Jenkins, al quale collaborarono quasi tutti i componenti della Allman Brothers Band. Southern Blood è un disco la cui eleganza si spiega sì nella produzione di Don Was e nel lavoro di Rodney Hall, figlio del più famoso e leggendario Rick Hall, ma trova la sua essenza anche nello spirito compositivo di Gregg Allman che è sempre riuscito a distinguere stilisticamente i suoi lavori da solista da quelli a firma Allman Brothers Band. L’addio alle scene di un Southern Gentleman protagonista di un’epoca in cui le note, gli happening da centinaia di migliaia di persone così come i palchi dei più infami locali del sud hanno creato i miti, le leggende, le epopee. Un ultimo saluto fatto con estrema dolcezza da parte di un artista che non ha mai nascosto le sue sregolatezze, le sue debolezze ed i suoi demoni. Quegli antichi demoni, quelle antiche ferite, che fanno capolino al termine di questo bellissimo Southern Blood quando durante la conclusiva Song for Adam, eseguita insieme all’amico Jackson Browne e palesemente dedicata al fratello Duane, egli canta “Still it seems he stopped his singing in the middle of his song” e la sua voce rocciosa sembra improvvisamente spezzarsi nella fragilità e nell’emozione di quell’antico dolore.
Giovanni de Liguori
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