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Cinquant’anni di carriera, due Grammy Awards e tre nomination. Collaborazioni con Ritchie Blackmore, Joe Cocker, Ian Paice, Eric Clapton, Emmylou Harris, Tommy Emmanuel, tanto per nominarne alcuni. Una tecnica personale di suonare la chitarra chiamata chicken picking. Albert Lee è uno dei musicisti di esperienza che tanto hanno dato alla storia del blues e non solo, tra il Regno Unito dove è nato e gli Stati Uniti. Il chitarrista sarà per due date in Italia: venerdì 20 luglio al Castello Sforzesco di Milano per l’Estate Sforzesca e sabato 21 luglio al Blues in Villa di Brugnera (Pordenone).
Lei ha un repertorio molto vasto. Come sceglie i brani per i suoi concerti?
Cerco di aggiungere brani nuovi, ma ho vecchi hit che mi piace suonare. D’altra parte il pubblico aspetta di ascoltare le mie canzoni con cui ha familiarità
Negli ultimi anni ha affrontato vari stili: dal Rhythm’n’Blues al Rockabilly. Attualmente quale tipo di musica suona più volentieri?
Quella che oggi penso sia chiamata Americana; può essere Rhythm’n’Blues, Country, Rock’n’Roll e ballate.
Nella sua carriera lei ha incontrato molti musicisti. Si sente legato ad alcuni di loro per qualche ragione speciale?
Nei miei 50 anni ho suonato con tanti grandi artisti e di alcuni di loro sono diventato amico. Gli Everly Brothers sono stati una parte importante della mia vita e strumentisti come James Burton e Buddy Emmons saranno sempre tra i miei preferiti. Ricordo volentieri anche Jimmy Webb.
Dischi o concerti dal vivo: qual è la sua dimensione preferita?
Mi dà molta soddisfazione fare musica in studio di registrazione, ma suonare sul palco dà una sensazione speciale quanto tutto va bene.
Porterà la sue chitarre Music Man per i concerti italiani?
Ho suonato con questo modello per oltre trent’anni e non lavoro senza di esse. Mi lasci anche dire che non vedo l’ora di tornare in Italia: amo la gente, il cibo e il vino.
Michele Manzotti
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