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Foto (c) Carlo Bonazza – Amiata Piano Festival
Con una mano, la destra, lavora sulla tastiera. Con la sinistra invece tocca le corde dall’alto. A volte utilizza oggetti per mutare la sonorità tradizionale del pianoforte, altre lo usa come uno strumento a percussione battendo sulle parti di legno. Ma ciò che propone il pianista austriaco David Helbock è soprattutto un modo diverso e originale di proporre il linguaggio jazzistico. Lo fa in trio, dove utilizza spesso l’elettronica e fa suonare strumenti inusuali come l’ukulele basso. Lo fa da solista, dove gli effetti sono acustici ma non meno efficaci. Parlare solo di effetti è però riduttivo. La ricerca sonora di Helbock, classe 1984, ha come base un’eccellente preparazione tecnica e una spiccata propensione alla creatività e alla valorizzazione degli standard. Brani, i cui autori possono essere Prince (Kiss e 1999) o John Willams (quattro pezzi tra cui momenti delle colonne sonore di Harry Potter e Star Wars). Stili e compositori (Ludwig Van Beethoven e Thelonious Monk) possono anche essere lo spunto per nuove creazioni che si affiancano ad altri originali. Questo repertorio è stato il protagonista della serata al Forum Bertarelli all’Amiata Piano Festival, dove Helbock (il cui jazz si è inserito in una programmazione classica) era in unica data italiana come solista. Successo meritato con due fuori programma (l’amato Prince e Carla Bley) dopo un concerto originale e sorprendente solo per chi non conosceva il valore del pianista.
Michele Manzotti
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