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Foto di Paolo Pacini in occasione della data di Lucca del 25 luglio
Giunti a Roma per il terzo e quarto concerto della loro tournée italiana i King Crimson, raccolgono entusiasmo e approvazione che va ben oltre il confine di genere. Già nello splendido scenario all’Anfiteatro di Pompei ,la band aveva dato prova di come la war machine costruita da Fripp negli ultimi quattro anni poteva reggere uno show lungo e complesso senza soffrire un repertorio vasto e molto eclettico che partiva dalla fondazione del ’69 fino ad oggi , passando per le forche caudine degli ottanta che fu la pietra tombale per tanti gruppi “ sinfonici “ della decade precedente. A Roma è stato lo stesso : fatta eccezione di un taglio di circa venti minuti dello show , che al netto dell’intervallo comunque arrivava alle due ore e mezzo . Un lungo catalogo sciorinato nelle due serate con grande attenzione alla primissima fase della band , quella che nelle varie incarnazioni del gruppo Fripp e soci avevano , nelle passate decadi, accuratamente evitato causa la svolta elettrica della band. Quindi via le asperità e le vette ascensionali della chitarra di Adrian Belew,, non convocato in questa formazione –monstre di otto elementi, e spazio alle sonorità morbide classicheggianti e jazz di Lizard , la cui suite è stata riproposta integralmente nella seconda serata , sostituendo la “Prince Rupert awake “ , interpretata al tempo da Jon Anderson degli Yes e per questo improponibile, con “ Cirkus “, scelta questa molto apprezzata dal pubblico.
I tre batteristi,, che spaventavano parte dell’audience non avvezza alle ricerche sonore più recenti della band, si sono dimostrati equilibratori di suono ineccepibili e la vera grande novità sonora del gruppo. Ciò è apparso molto chiaro dal suono reso dai classici del gruppo: rinnovato e brillante , non una stanca riproposizione del tempo che fu ma bensì la reinvenzione di un catalogo musicale molto ricco e pieno di sfumature. Tra le sonorità oniriche dei primi album hanno trovato spazio anche i brani della fase “ new wave “ della band : due brani da Discipline , il brano che da il titolo all’album e “Indiscipline” e uno da Beat : “Neurotica “. Liberati dalla personalità di Belew , visionaria celebrale e zappiana ma inevitabilmente poco conciliabile con l’attuale scelta sonora dei K. C., acquistano nuova vita grazie all’interpretazione di Jakko Jakszyk , chitarrista meno duttile e talentuoso ma sicuramente in grado di adattare bene il repertorio di quella svolta che consenti ai King Crimson di non soccombere negli anni ottanta come accadde a molte band di quello che oggi viene chiamato con il termine controverso prog. Molto spazio anche ai due album che aprirono e chiusero la fase anni settanta del gruppo , “In the court of Crimson King“ e “Red “ riproposti quasi integralmente nell’arco delle due serate .Hanno fatto capolino anche composizioni strumentali e cantate più recenti ma che nell’ottica di Fripp al momento sembrano destinate solo ad una proposizione live. Del resto c’è da dire che proprio questo concetto è stato scardinato più e più volte dal leader della band : in sostanza i King Crimson non fanno dischi in studio e conseguenti tournée bensi vivono l ‘esperienza musicale a stretto contatto con il pubblico , rinnovando continuamente concetti , idee e modificandole via via in un percorso che coinvolge l’audience in maniera unica e partecipativa. Unica deroga a quest’atteggiamento di continua verifica e work in progress il bis delle due serate consacrato all’inossidabile 21st Century Schizoid Man, bandiera dei King Crimson di tutte e per tutte l’età.
Ugo Coccia
Tagged King Crimson, Robert Fripp, Roma