(Produzione indipendente, 150 pagine)
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Ad un certo punto della lettura di “Mesdames a 78 giri” ci si accorge – con una punta di imbarazzo – di esser vittime dello stesso rapimento di cui ci si beava da bambini, alle prese con le proprie favole preferite. Forse un paradosso, dal momento che il libro raccoglie venti brevi biografie di altrettante musiciste di blues attive tra gli anni ’20 e ’40 – storie spesso intrise di violenza, trasgressione e contorni vari. Eppure Roberto Menabò, cultore della materia da molto tempo e valentissimo chitarrista egli stesso, non ha difficoltà alcuna a far emergere gli aspetti più vitali ed ammalianti (in una parola femminili) di ogni vicenda, per quanto ammantata di tragicità. Merito di uno stile leggero e sottile, l’antitesi di quella retorica oscura che molte volte caratterizza le narrazioni che hanno a che fare con jazz, blues ed affini. E’ veramente un continuo sorridere e commuoversi al cospetto delle tante signore e signorine che si alternano sul nostro palcoscenico letterario: la pianista ed arrangiatrice Lovie Austin sfreccia elegante alla guida di una fiammante Stutz Beacart, mentre Geeishe Wiley ed Elvie Thomas (quasi delle Thelma & Louise ante-litteram) lottano per la loro stessa vita contro una società bigotta e Lilian Glinn si converte alternativamente al sacro e profano musicale. Il capitolo su Elizabeth Cotten nel negozio di giocattoli, poi, è una formidabile fiaba che si intona perfettamente con le ninne nanne finger picking con cui essa stessa si dilettava. Pochi i nomi veramente noti, elemento di valore per un lavoro che si propone di piazzare una luce nei recessi più nascosti di una tradizione – quella del blues femminile – spesso schiacciata dal peso monografico dei colleghi maschi. Come se non bastasse c’è l’innegabile capacità di Menabò di creare, con efficaci pennellate che Mark Twain avrebbe apprezzato, un vivido affresco dell’America rurale ed urbana negli anni tra la prima e seconda guerra mondiale. “Mesdames a 78 Giri” è opera istruttiva ed originale: non solo un libro importante per la propria sezione sulla old-time music, ma anche un possibile regalo per un’anima affezionata (che mastichi la materia o meno). Meglio acquistarne almeno un paio di copie, non si sa mai.
Pietro Rubino
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