(Incipit / Egea)
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Breve premessa: avevamo questo disco in mano da tempo, ma per parlarne abbiamo aspettato di ascoltarlo in un concerto dal vivo (Firenze, Auditorium fondazione Cassa di risparmio). Però nello stesso tempo vogliamo parlare del disco per soffermarci sul progetto. Carlot-ta, già vincitrice del Premio Ciampi per il miglior disco d’esordio, ha deciso di affrontare le sonorità dell’organo a canne. Uno strumento ingombrante da tutti i punti di vista: non trasportabile, con ogni esemplare diverso l’uno dall’altro, con timbro variabile di brano in brano e all’interno di essi e con più tastiere e pedaliera a sottolineare le difficoltà tecniche. Eppure il cantautorato di Carlot-ta all’organo funziona e anche molto bene, Le sue ispirazioni sono tante: dalle sonorità pop degli anni Ottanta, il folk, il modo di costruire canzoni come quello di Bjork e altri artisti/e che lavorano non solo sulla melodia ma anche su un andamento armonico con continue soluzioni e sorprese. Con una voce non potente ma autorevole, ecco le narrazioni di Sparrow, Conjunctions e To The Lighthouse, le danze Samba Macabre e La Valse su Conifére, il pop di Sputnik 5. Lo strumento è plasmato alle esigenze di ogni brano, con l’eccezione di Glaciers, unica traccia dove l’organo tace per lasciare posto alla chitarra. In pratica avevamo sottomano uno dei migliori dischi italiani del 2018 e non ce ne eravamo accorti.
Michele Manzotti
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