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Musicisti o registi? Sofisticati intrattenitori musicali o struttura di artisti concettuali con obiettivi ed intenzioni sempre più spiazzanti? Questi sono gli interrogativi che sempre di più emergono dopo un concerto dei Massive Attack: la loro tournée che ha toccato da poco l’Italia è stata salutata con il sold out di Roma e con successi altrettanto convincenti nelle altre città del nostro paese. E questo è un dato che spiega solo in parte il successo di questa band quasi trentennale che oggi celebra il suo terzo album Mezzanine con un tour che sicuramente non è solo questo: lasciando da parte le supposizione sul rapporto tra il leader Robert Del Naja e lo street artist Bansky (E’ lui? Non è Lui ? E’ Bansky che gli dice cosa fare?) è chiaro che la band principe di quello che fu “Il sound di Bristol” ha da tempo imboccato una via che gli consente di avere lunga vita. Questo Mezzanine XX1 non è semplicemente il tour celebrativo di un album anzi se vogliamo non lo è affatto: l’intuizione di Del Naja con il supporto ideativo del documentarista Adam Curtis si sposta assolutamente più in là della sottolineature visiva della rivisitazione di un disco tra i più rivoluzionari di fine millennio. La relazione tra le immagini proiettate sui mega schermi e le canzoni è la vera plusvalenza del concerto. La scaletta dei brani strutturata con un concetto opposto rispetto a quella del disco originale e cioè con le esecuzioni delle canzoni dei Velvet Underground, dei Cure e degli altri eseguite per intero anziché campionate è di grande rilievo ma lo è ancor di più con il commento visivo di immagini che portano il pubblico dentro un contemporaneo affollato di incubi, di fantasmi di falso benessere contrapposto a tragedie. L’inizio con I Found a Reason di Lou Reed è esemplificativo: dove I Velvet cantavano “Quello che viene sarà meglio di cio’ che è ci è arrivato prima“ si capisce che siamo all’inizio dell’incubo: sugli schermi marce militari, majorettes si alternano con visioni cupe di uccelli notturni che lasciano presagire un presente drammatico. I Massive Attack ci parlano spesso durante il concerto di retaggi del passato e di come i potentati economici e politici sfruttano l’inconsapevolezza delle masse grazie alla tecnologia . In questo Del Naja e soci riprendono la vecchia pratica di utilizzare frasi imperiose da tazebao cinese sparate dagli schermi . Andando avanti con il concerto il concetto resta quello , il compito di Mezzanine XX1 non è solo quello di farci ascoltare una serie di canzoni mirabilmente eseguite da una band con due batteristi sempre in grande evidenza e le voci storiche di Horace Andy e di Elizabeth Fraser belle come non mai , ma quella di dargli una visione nuova grazie al lavoro di regia di Curtis che giunge alla sua vetta massima durante l’esecuzione di “ Where all the flowers gone brano antimilitarista di Pete Seeger che nelle sua lunga militanza è stata cantata un po’ da tutti i : qui avviene un sorta di mezzo miracolo , un ovazione vera e propria accoglie lo stacco di immagine tra soldati in azione e Judy Garland nel mondo di Oz. Viviamo dunque come occidentali che come la celebre attrice nelle scene del film restiamo falsamente stupefatti di ciò che ci accade intorno ? Momento di autoanalisi collettiva? Su tutto glissa la voce della Fraser in tutto il suo splendore e finalmente con lei sempre più integrata nel gruppo ( e sarebbe bello vederla come presenza sempre più stabile nella band ) . Il concerto continua senza un attimo di stanca con i brani originali alternate alle covers, e con le immagini di una contemporaneità sempre più legata a filo doppio tra tragedia e ridicolo ( emblematica la sequenza di Britney Spears che perde la memory card del cellulare ) , passando attraverso la sempre lucente bellezza di Teardrop e raggiungendo il traguardo finale con la riproposizione del brano di Avicii Levels che si scioglie in Group Four. Ritorna alla fine del concerto il quesito al quale si può dare una parziale ma sicura risposta. Adam Curtis e I Massive Attack hanno regalato sicuramente una lezione a chi non riesce più a parlare attraverso i film: il vero cinema d’autore ce lo hanno dato loro con Mezzanine XX1 .
Ugo Coccia
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