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Bruce Springsteen – Western Stars

8 giugno 2019 by pdb in Dischi, Recensioni

(Columbia)
brucespringsteen.net

Anteprima

L’annuncio di un nuovo album firmato da Bruce Springsteen è sempre un evento. La notizia però porta sempre in anticipo la nuvola di supposizioni, commenti e sentenze anticipatorie. Frutto di un ascolto superficiale e incompleto, e della voglia di essere i primi. Pur avendo avuto l’opportunità di poter ascoltare il disco in anteprima (quindi una sola volta) anch’io mi approccerò forse in modo poco preciso. Ma a mia discolpa può servirvi sapere che, quello che troverete nei negozi di dischi dal 14 giugno, non è un album che si potrà comprendere da un unico ascolto. Tre pezzi sono già stati anticipati nelle settimane precedenti, e hanno scatenato la “follia” critica dei migliaia di “commissari tecnici della musica” che il nostro paese riunisce. Di certo questo disco non assomiglia a qualsiasi altro lavoro precedente di Springsteen.

La E Street Band è stata lasciata a casa (almeno il nucleo storico, visto che il ritrovato David Sancious, Patti Scialfa, Charlie Giordano, Soozie Tyrell, figurano tra i musicisti), e l’uso massiccio di arrangiamenti con la presenza di archi e tastiere (moog, Farfisa e piano), appesantiscono le scelte sonore. Conoscendo la carriera del nostro la scelta di affidare ancora la produzione a Ron Aniello ha dato un’impronta decisa al disco. Pur sapendo che Bruce non lascia nulla al caso, e quello che si potrà ascoltare è sicuramente il frutto del suo volere. Collocare il disco in una precisa categoria è difficile. Non è rock, non è folk, non è pop. Questo nuovo lavoro si colloca in un segmento che potrebbe comprenderli tutti quanti. Una sorta di genere che fa più riferimento all’atmosfera sonora che si vuole tramettere, che alle pure convenzioni musicali. Di certo si possono percepire molte influenze (lo stesso autore cita nomi quali Glen Campbell e Jimmy Webb), ma nessuna pare predominante, per poterlo collocare in uno “scaffale” preciso.

Già si è scritto che l’impronta dell’album è molto cinematografica, ed è vero: brani come Hello Sunshine, Western Stars, Chasin’ Wild Horses e Driver Fast, lo dimostrano. Se ci si fa trasportare dalle sensazioni sonore, il viaggio che si compie è quello per immagini. Grandi spazi, ma anche cittadine di provincia, dove personaggi (che sarebbero perfetti come interpreti di piccoli camei in film a basso budget) si raccontano e si muovono tra confini e incontri con camionisti e bikers. Chi cercherà allusioni agli album precedenti rimarrà un po’ deluso; e poi in fondo Springsteen mai si è ripetuto. Se però qualche eco si vuole trovare, forse si deve andare agli arrangiamenti di alcune canzoni di Tunnel of Love (come nel brano Stones), e alla “polvere” di Devils and Dust (ma solo nel brano Somewhere North of Nashville). Così se si vuole trovare gli estremi presenti nell’album, si può affermare che il brano meno riuscito è certamente There Goes My Miracle (troppo spinto oltre il limite la “variante” pop), e invece quelli che svettano sono Sleepy Joe’s Cafè e Moonlight Motel. Quello che ne viene fuori è un “western” malinconico, individuale, dove i tramonti, i cavalli, le grandi pianure, sono lo sfondo di situazioni al limite, come i le sue “stars”.

Quindi si può affermare che forse non sarà l’album più riuscito di Springsteen, ma sicuramente porta una novità nella sua produzione; e nel complesso sarà un ottimo compagno per i vostri viaggi. Sapendo con certezza che quando si presenterà dal vivo con nuovi arrangiamenti, alcune di queste canzoni potranno infiammare il pubblico. Sundown sarà una di queste.

Riccardo Santangelo

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