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foto (c) Orazio Truglio
Quando si nomina la Pfm (sigla ormai divenuta più usata del nome originario Premiata Forneria Marconi) la mente torna ad anni come i primi Settanta in cui la musica accompagnava la vita delle persone in modo diverso. Lo faceva attraverso i dischi che venivano attesi con trepidazione perché erano simbolo di una creatività che si rinnovava di anno in anno. La storia della Pfm, e di altre formazioni come Banco e Osanna, si muove parallelamente a quella dei gruppi di Oltremanica che tracciavano una strada fatta di lungo lavoro in studio, idee che portavano a una scrittura rigorosa ma che lasciava spazio ai musicisti di lanciarsi in momenti di invenzione che lasciavano gli ascoltatori a bocca aperta. La Pfm nell’immaginario e nel ricordo dei fan di musica è quella della formazione a cinque la cui fama varcò i confini nazionali con album di grande successo: Franz Di Cioccio alla batteria, Patrick Djivas al basso, Franco Mussida alla chitarra, Mauro Pagani a flauto e violino, Flavio Premoli alle tastiere. Possiamo anche ricordare la presenza di Bernardo Lanzetti (The Voice Impossible) in altri dischi come Chocolate Kings. E non va scordato il contributo dato dalla Pfm al ritorno in pompa magna sulle scene di Fabrizio De André e del suo repertorio inossidabile. Oggi, a distanza di molti anni le cose sono fatalmente cambiate.Di quegli anni sono rimasti Di Cioccio e Djivas, ma questo non impedisce alla formazione di essere continuamente in tour. Ne parliamo con lo stesso Di Cioccio.
Come è strutturata l’attuale formazione della Pfm?
«E’ strutturata bene! Un gruppo molto forte con due lupi di mare che sanno affrontare qualsiasi tempesta. E che sa tenere bene la scena nei concerti live che sono la specialità della formazione, per due ore e mezza a concerto. Tre dei componenti sono polistrumentisti, cosa che permette una maggiore varietà del suono».
Chi sono gli altri elementi oltre a lei e a Djivas?
«Innanzitutto Lucio Fabbri, con noi da tanto tempo così come Roberto Gualdi alla seconda batteria. Poi Alberto Bravin a voce e tastiere aggiunte, Alessandro Scaglione alle tastiere e Marco Sfogli alla chitarra. Con questa formazione a sette riusciamo a fare una cosa che il pubblico apprezza moltissimo: quella di suonare i brani con rigore con momenti di interplay e improvvisazione. Tutto senza effetti speciali, come le tagliatelle fatte a mano».
E su disco?
«Questa è la formazione che ha inciso Emotional Tattoos, un album che ci ha dato una soddisfazione immensa. Siamo stati premiati infatti a Londra duranta la cerimonia dei Prog Awards, curati dalla rivista Prog che è la bibbia del settore. E non si trattava di un premio alla carriera, ma alla nostra attività».
Che pubblico viene ad ascoltare i vostri concerti?
«Ormai è transgenerazionale: c’è chi ci ascolta dagli anni Settanta, i loro figli ma anche qualche nipote che ha 15 anni. Tutti attratti dal nostro repertorio (che raccogliamo nella sigla TVB, ossia The Very Best), ma anche dal nostro modo di esibirci dal vivo. D’altra parte siamo a quota 7000 concerti».
E dopo l’estate?
«Abbiamo molte richieste per riprendere il tour dedicato al repertorio di Fabrizio de André, le cui 45 date sono andate tutte esaurite. Fare due tipi diversi di concerti è uno dei piaceri della vita!».
Recentemente all’Arena di Verona avete reinterpretato i brani di Fabrizio De André insieme al figlio Cristiano, come è nato il progetto?
«Va premesso che abbiamo portato in tour la musica di De André per celebrare degnamente la nostra collaborazione (e che si può ascoltare nel disco registrato dal vivo a Firenze nel 1979). Un lavoro che è bene far conoscere ancora oggi, dato che musicalmente abbiamo lavorato sulla grande poesia di Fabrizio. Cristiano è cresciuto con questi arrangiamenti e alla fine tutto si è concretizzato in un concerto con i posti in Arena tutti esauriti».
Michele Manzotti
PREMIATA FORNERIA MARCONI, The very best 2019, Arena Beniamino Gigli, Porto Recanati, 19 agosto 2019
Può un gruppo che ha segnato la storia del progressive in Italia vivere una seconda giovinezza? Beh nel caso della Premiata Forneria Marconi, sembra proprio di si. Perennemente in tour tra l’omaggio a De Andrè e il loro best of, hanno ancora energia da vendere e parecchio da insegnare a tante nuove band. Due ore di rock puro, di grande tecnica, uno spettacolo coinvolgente, che non ha deluso le aspettative del pubblico. Il concerto comincia con ” il regno”, brano tratto dall’ultimo disco “Emotional tattoos” del 2017. Franz Di Cioccio spiega che lo spettacolo, sarà un viaggio nella lunga storia del gruppo e per far capire l’identità di un gruppo, bisogna subito passare ai brani “fondamentali”. E la magia comincia così: “La luna nuova”, “Photos of ghosts”, “Il banchetto”, “Impressioni di settembre”, “La carrozza di Hans” e “Harlequin”. Di Cioccio è il solito istrionico “randagio da palco” che canta, salta, coinvolge e si alterna alla batteria con il sempre ottimo Roberto Gualdi, Patrick Djivas e il suo basso danno il marchio di qualità alla band, Lucio Fabbri è una sicurezza col suo violino, Marco Sfogli alle chitarre dimostra di essere perfettamente a suo agio con una tecnica pulita, sicura e un sound parecchio tagliente, Alessandro Scaglione alle tastiere sfoggia la sua bravura e il notevole Alberto Bravin, che porta una ventata di freschezza al gruppo con la sua voce(sia nelle parti soliste, che nei cori), oltre ad arrichire con tastiere e chitarre.
Naturalmente c’è spazio per ricordare il grande Fabrizio De Andrè, dalla primissima collaborazione , quando ancora il gruppo si chiamava i QuelliDa quello storico concept album “La buona novella”, viene ripescata “Il sogno di Maria”, con una versione più elettrica rispetto all’originale. Per continuare con due classici tratti dal live uscito nel 1979: “Un giudice” e “Volta la carta”. Patrick Djivas ci ricorda che la musica classica è alla base della nostra cultura europea e quindi immancabile l’omaggio a Sergej Prokof’ev con “La danza dei cavalieri”, dal primo atto del balletto ” Romeo e Giulietta”. Si ritorna al passato con una potente versione di ” Mr 9 Till 5″ unita ad una veloce violin jam, per arrivare all’ouverture del William Tell di Gioacchino Rossini. Il concerto sembra sia finito, ma il pubblico non ha proprio voglia di andarsene. C’è ancora spazio per ” Il pescatore” e per la funambolica “Celebration”, che chiude degnamente il concerto .
Che altro aggiungere? Forse è mancato un brano per rappresentare gli anni ottanta, anni non facili per la musica pog, ma che sicuramente serviva come tassello per completare la loro storia. Per il resto la band è sembrata in ottima forma, molto compatta e ancora motivata, quindi lunga vita alla Pfm
Marco Sonaglia
SETLIST
Il regno
La luna nuova
Photos of ghosts
Il banchetto
Impressioni di settembre
La carrozza di Hans
Harlequin
La danza degli specchi
Freedom Square
Il sogno di Maria
Un giudice
Volta la carta
Danz dei cavalieri
Mr 9 Till 5 + violin jam
Guglielmo Tell ouverture
Bis
Il pescatore
Celebration
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