(Riff Records/CARDIO Production)
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Il tempo del terzo millennio è scandito dalle vibrazioni di una chitarra elettrica. Eppure, come ogni pensiero filosofico, anche quello indie rock ha una sua aurea antica, immensa, lontana. Dopo avere attraversato la fenomenologia de “La Trasformazione”, titolo del suo secondo lavori, la talentuosa Maria Devigili ci racconta l’essenza del tempo nel suo ultimo album. “Tempus fugit” è l’elaborazione di un concetto evocativo in dieci tracce. Laureata in filosofia e cantautrice da sempre (aveva 5 anni quando ha cominciato a comporre), Maria diventa voce di un “Arcaico futuro”, citando il brano concepito come ossimoro. Come un antico cantore accompagnato da suoni elettronici, la chitarrista trentina si avventura in territori lontani, in dimensioni profonde, per perdersi nell’attimo dell’innamoramento degli “Inconsapevoli”. Le corde vocali corrono sospese su arpeggi che scorrono veloci nel tunnel della memoria, “…in strade tortuose che sembravano non portare a nulla”. E così, in questo dolce vortice, come novelli Paolo e Francesca, ci abbandoniamo all’inesorabilità dell’amore, nel susseguirsi di chitarra, archi, percussioni. Più giocoso e spensierato è l’andamento di “Ho visto”, dove il tempo è colto in una sinestesia con gli occhi visionari di un bambino. In un’eco infinita si ripetono vocali di stupore, suoni ascoltati nel profondo inconscio di quel mare in cui siamo segretamente immersi e di cui, come una sirena, Maria Devigili sa cantare le profondità.
Laura Tabegna
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