(Produzione indipendente / Ird)
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La voce graffiante e profonda è quella del rocker, il sound ondeggia in modo sottile in un mare scuro di blues, soul, swing. “Leggero vento” è il quarto album da solista del musicista bergamasco Osvaldo Ardenghi, nato dalla scuola di Enzo Jannacci. Dieci brani originali dove si alternano sei fiati, piano ed Hammond con una band Paolo Tomelleri (clarinetto), Marco Brioschi (tromba), Alessio Nava (trombone), Maurizio Signorino (sassofoni), Piero Orsini (basso), Emilio Foglio (chitarre), Valerio Baggio (tastiere), Filippo Acquaviva (batteria) e Susanna Dubaz (cori). Il cantautore, già cabarettista e poi chitarrista, si esprime in tutto il suo mood “Morbidamente ruvido”, citando l’omonima canzone, in un blues dove Ardenghi può tirare fuori la sua vena dolce e malinconica, l’anima afro, ‘nera’, del proprio sangue musicale. Cullati da un ammaliante sax ci fermiamo idealmente al tavolo di un bar, tra luci al neon e camerieri stanchi, per ascoltare la storia di un cantautore, raccontata con parole e note, luci soffuse e memorie. “Rio dolce” nasce da un ossimoro musicale: mentre una chitarra elettrica, magnetica, ci ipnotizza in un arpeggio infinito, la voce cavernosa si Ardenghi si esprime in tutta la sua profondità, in un pianto blues commovente, in uno sfogo totale. Il ritmo riprende nel battito di un “sabato sera di caccia, nei labirinti di una notte senza pace”. In “Vieni balliamo” il cantautore ci fa scendere nelle viscere di un locale, dove gli umori delle passioni si sprigionano e il sangue si scalda. Stili diversi si rincorrono in questo cd, romantico e maledetto come una corsa in macchina nella notte a fari spenti; ruvido e scontroso come il ricordo di una vita che già merita di essere raccontata. Leggero come il vento.
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