da “Il cantautore” – numero unico dell’ottobre 2019
Vorrei la pelle nera! Sinceramente non sappiamo se il brano di Nino Ferrer che spopolò in Italia alla fine dei Sessanta è stato mai cantato da lei, però se c’è un’artista che può permettersi di farlo a testa alta questa è proprio Nina Zilli. Del suo eclettismo forse la predisposizione alla black music è il lato meno evidente al grande pubblico, anche se la sua “anima soul” pare ben salda. Sin dal nome d’arte che la cantante si è scelta, Nina, come Nina Simone. Un’icona black, ma che sarebbe ingeneroso limitare a un solo ambito vista la sua immensa bravura nella scrittura e nell’interpretazione. Così Maria Chiara Fraschetta, suo nome all’anagrafe, non può essere compresa nella sola attività di cantante. Anzi, la sua vera e propria carriera è iniziata come veejay, anche se già da giovanissima la pratica musicale ha fatto parte della sua vita. Nata a Piacenza, si è definita una ‘brava ragazza’ emiliana, in apparente contrasto con l’aspetto da femme fatale che la contraddistingue e che le permette di bucare lo schermo con facilità.
«Nel concetto dell’emiliano che si tira su le maniche e lavora, che prende le mazzate e si rialza, mi ci riconosco molto. – aveva detto ad Andrea Spinelli nel 2015 su Il resto del Carlino – Mio nonno lavorava nelle aziende agricole e mia nonna faceva l’operaia, quindi quella voglia di fare è sempre stata un tratto caratterizzante della mia famiglia. So che la vita non è gratis, ma frutto del sacrificio».
Conosciamola allora meglio questa emiliana doc, dicendo che sono quattro gli album a lunga durata che caratterizzano la sua carriera discografica. Si parte con “Sempre lontano”, debutto del 2010, che contiene i singoli pubblicati in precedenza (50mila, cantata con Giuliano Palma, L’inferno e L’amore verrà) e il pezzo presentato al Festival di Sanremo nella sezione ‘Nuova Generazione’ ovvero L’uomo che amava le donne. Brano che colpisce subito nel segno vincendo il Premio della Critica Mia Martini, il premio Sala Stampa Radio Tv e il Premio Assomusica 2010, conferito dall’associazione degli organizzatori e dei produttori alla migliore esibizione live. Nell’album, formato in gran parte da pezzi originali, c’è anche una versione di You Can’t Hurry Love delle Supremes che in italiano diventa L’amore verrà e, infine, la già citata 50mila viene inclusa nella colonna sonora del film ‘Mine vaganti’ di Özpetek. Un esordio col ‘botto’ quindi, non solo per le sue qualità musicali, ma anche per un’immagine fresca – e al contempo professionale – che Nina Zilli avrà sempre tra gli addetti ai lavori. Il successivo “L’amore è femmina”, uscito nel 2012 in contemporanea alla partecipazione di Nina a Sanremo, contiene Per sempre, il brano portato in gara e che entrerà nei 10 finalisti. L’album contiene anche la traccia titolo L’amore è femmina, con cui l’artista ha rappresentato, in una versione bilingue ridotta a tre minuti, l’Italia all’Eurovision Song Contest. I brani del disco sono scritti in gran parte dalla stessa cantante, oltre che da autori quali Pacifico, Diego Mancino e Carmen Consoli. Parallelamente ad una nuova partecipazione a Sanremo, siamo nel 2015, esce “Frasi & fumo”, contenente Sola e la cover di Se bruciasse la città, evergreen di Massimo Ranieri. Arriviamo così al 2017, quando esce “Modern Art”, quarto album in studio, cui seguirà nel 2018 una nuova edizione che include Senza appartenere, brano presentato al festival di Sanremo di quell’anno. In “Modern Art” ci sono anche canzoni con temi importanti, come quella delicata alla violenza sulle donne. «La musica ancora oggi – spiega Nina in un’intervista – può sensibilizzare le persone su alcuni argomenti e sicuramente la violenza sulle donne è uno di questi». Un’artista molto attenta a ciò che ci circonda, ma che oltre ai testi non dimentica mai il ‘suono’, come ha sottolineato lei stessa più volte, paragonando ogni singola nota, ogni accordo, ad una tonalità di colore diversa. Donna e artista eclettica, Nina Zilli è andata oltre il (bel) canto. È notizia recente che a dieci anni dal già ricordato film ‘Mine vaganti’ (dove è presente la sua 50mila), è stata proprio lei in veste di giurata a consegnare ad Özpetek il ‘Soundtrack Stars Award – speciale per la musica nel cinema”, il premio collaterale del Festival del cinema di Venezia assegnato da una giuria presieduta da Laura Delli Colli, che guida il Sindacato nazionale giornalisti cinematografici. Senza dimenticare anche la sua positiva esperienza televisiva a Italia’s Got Talent e a X-Factor nelle vesti di giudice, dove la sua simpatia (nel primo caso) e capacità di relazionarsi con i giovani artisti (nel secondo), l’hanno vista uscire indenne, anzi, rafforzando ancora di più la sua immagine. Un’artista dunque che continua ad allargare il suo campo d’azione, ma che non deve dimenticare mai di avere una voce dalle potenzialità notevoli. Questo per dire che dopo aver spaziato in vari generi, la scelta di un repertorio che la identifichi meglio sarebbe auspicabile. Chissà se, oltre alla concretezza emiliana, alla fin fine ci sia davvero un’anima soul dietro tutto questo. Stay Soul, dunque, come il titolo del programma da lei condotto su Rai Radio Due. Siamo sicuri che Nina sarà ancora fonte di sorprese, ma anche e soprattutto di conferme musicali.
Michele Manzotti
Tagged Nina Zilli, Soul