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Marillion, Auditorium Conciliazione, Roma, 12 dicembre 2019

14 dicembre 2019 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

www.marillion.com

Va dato atto ai Marillion di essere riusciti a resistere tutti questi anni, quaranta per la precisione. La scommessa non era facile da vincere: nonostante siano nati in pieno periodo punk e new wave decisero di riproporre il progressive che aveva già sparato le cartucce migliori con i grandi gruppi nei primi Settanta. Uno stile che con qualche variante e in modo molto personale hanno trattato sul disco e sul palco fino ad oggi. Inoltre hanno superato l’abbandono del loro primo cantante, il carismatico Fish per trovare in Steven Hogarth un frontman elegante nella proposta e dalla voce duttile. Poi per durare negli anni c’è bisogno della qualità della scrittura e dell’esecuzione e i Marillion hanno saputo dimostrarlo creando uno zoccolo duro di ascoltatori che li seguono in tutto il mondo, Italia compresa.

Per questo la data di Roma (prima delle due del tour italiano) ha visto tanti spettatori riempire l’Auditorium della Conciliazione sfiorando il tutto esaurito. Gran parte del programma era basato sul nuovo disco With Friends from the Orchestra, con nove tracce del repertorio precedente riarrangiate con archi e fiati. Infatti sul palco con la band c’era  il quartetto d’archi “In Praise of Folly”, oltre a Sam Morris al corno francese ed Emma Halnan al flauto traverso. Una sonorità complementare e funzionale a quella della formazione che festeggiava il 40° e il 30° della presenza di Hogarth.

Per la scaletta i Marillion hanno puntato su questi trent’anni con brani da Seasons End, il primo album dell’era post-Fish, quali la traccia titolo e The Space.. La parte più consistente della serata ha visto la suite New Kings da F.E.A.R., il più recente disco in studio, ma non sono mancati pezzi meno recenti come Estonia, The Strange Engine e Beyond You. La formazione è apparsa in grande spolvero, dando doti di concretezza nel proporre brani con cambi continui di frasi melodico-armoniche e in minor misura ritmiche. Un suono molto familiare al pubblico, dove i quarantanni e i cinquantenni erano la maggioranza, che ha festeggiato degnamente Hogarth e colleghi.

Michele Manzotti

(c) riproduzione riservata

 

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