(Caissa italia Editore)
www.caissa.it
Pagg 144, Euro 16
Enzo Jannacci è stato un personaggio unico nel panorama della musica italiana: diviso tra il comico e il drammatico, una maschera teatrale e un modo di cantare stralunato fuori dal comune. Con questo nuovo libro, scritto dal critico musicale e giornalista Paolo Vites, scopriamo l’uomo Jannacci, attraverso le sue canzoni, attraverso interviste e testimonianze di chi ci ha collaborato come il figlio Paolo, Enzo Limardi, Andrea Bove, Sergio Farina, Paolo Tomellieri, Osvaldo Ardenghi. Vites ci mostra uno Jannacci diverso, lontano dagli stereotipi “del cantante demenziale”, lo Jannacci degli ultimi, dei senz’arte ne parte, quello che parla di sociale, delle ingiustizie, dell’amore e anche della spiritualità. Non è la classica biografia, ma un modo di scavare dentro l’anima di Jannacci, per capire bene in che contesti sono nate certe canzoni o personaggi a noi cari come il barbone con le scarpe da tennis, Rino, il palo dell’ortica, Mario, il bambino della fotografia, il fuori di testa di “Son s’cioppà”, Vincenzina, l’Armando, Maria, gli zingari, il cuore urgente di Giovanni telegrafista, Natalia, il fiore di campo nato in miniera, il condannato di sei minuti all’alba, la brutta gente dell’omonima canzone o quella ancora peggiore di “Come gli aeroplani” e “La disperazione della pietà”. Il linguaggio di Vites è diretto, colpisce in maniera forte il lettore, portandolo a riscoprire o addirittura ad ascoltare per la prima volta certe intense ballate. Nel libro troviamo Jannacci artista, ma anche il medico che si specializzò in cardiochirurgia, un medico di tutti, sempre vicino alle persone, come gli aveva insegnato suo padre che non volle mai andare oltre il grado di maresciallo, per restare vicino alla sua gente, ai suoi soldati. Sono proprio la dignità e l’altruismo, le parole chiave, che gli hanno permesso di dedicare le sue canzoni migliori ai diversi, agli emarginati, agli sconfitti, ai precari della vita, ai sofferenti. Oggi rileggendo questo bel libro, ci rendiamo conto che sono proprio “Canzoni che feriscono”, che bruciano l’anima, che ti lasciano dentro qualcosa. Grazie all’autore per averci restituito un Enzo Jannacci così vero e attuale.
Marco Sonaglia
Tagged Enzo Jannacci, Paolo Vites