Da Qn-Quotidiano Nazionale del 10 maggio 2020
Era l’uomo che aveva inventato l’urlo del Rock’n’Roll, quel «Awopbopaloobop Alopbamboom» del suo brano più noto, Tutti Frutti. Uno dei simboli più evidenti della musica che travolse l’America e il mondo a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta. Little Richard, uno dei padri fondatori del Rock’n’Roll, soprannominato “l’architetto del rock”, è scomparso a Los Angeles a 87 anni. La notizia, data su Facebook dal suo ex chitarrista Kelvin Holly, è stata poi confermata dal figlio Danny Penniman, senza dettagli sulle cause del decesso. Se Elvis Presley era considerato il sex symbol bianco del Rock’n’Roll, Little Richard ne rappresentava il lato più istintivo, quasi primordiale, con le radici che affondavano nel blues e nel gospel. Divenne celebre non solo per i suoi brani, ma anche grazie al suo stile travolgente al pianoforte e al suo look trasgressivo, sempre al limite dell’ambiguità sessuale, nell’America conservatrice, in un’epoca in cui la musica annunciava al mondo che usciva dalla guerra che i giovani ribelli erano i nuovi protagonisti della società. Nato a Macon, in Georgia, Richard Wayne Penniman (questo il suo vero nome) era uno dei 12 figli di un uomo che manteneva la famiglia con lavoretti saltuari. Un padre che accusava di omosessualità il ragazzo a causa della sua passione per la musica, tanto che Richard andò a vivere in una famiglia bianca all’età di 13 anni. Il suo primo disco fu pubblicato nel 1951 dall’Rca, con il nome d’arte scelto perché nella scena Rhythm and Blues di allora iniziavano ad avere successo musicisti con l’aggettivo “Little“ (nel senso di giovanissimo) davanti al nome di battesimo. La svolta però giunse nel 1955 quando spedì alla Specialty Records di Chicago Tutti Frutti. Il verso «Awopbopaloobop Alopbamboom» lo inventò mentre lavorava come lavapiatti al ristorante della stazione dei Greyhound a Macon. La canzone arrivò in classifica e Little Richard scrisse in pochi anni i suoi brani più famosi: da Long Tall Sally a Slippin’ and Slidin’, Good Golly Miss Molly, Lucille. Sono bastati questi grandi titoli a garantirgli una carriera duratura. I Beatles lo consideravano tra i grandi ispiratori della loro musica: Paul McCartney amava particolarmente Long Tall Sally. Tanti altri artisti (Everly Brothers, Kinks, Creedence Clearwater Revival, Elvis Costello) ripresero i suoi brani, Elton John ammirava il suo stile pianistico energico e percussivo, Michael Jackson comprò i diritti delle sue canzoni. Ma la sua attività dal vivo era caratterizzata anche da una forte presenza scenica fatta di pettinature con i capelli verso l’alto, trucchi androgini e vestiti con le perline. Una volta disse a Prince che era stato lui per primo ad aver usato il colore porpora in scena. E nello show entrava in gioco anche l’equivoco sessuale, da lui stesso alimentato in varie interviste, fino all’ultima sull’argomento nel 2017 in cui però smentiva ogni tipo di ambiguità. La sua attività ha toccato anche il cinema e serie tv di successo come Miami Vice. In Italia fu anche ospite di Adriano Celentano a Fantastico, 1987. Ma la dimensione ideale di Little Richard è stata il palco, sul quale si è sempre circondato di grandi musicisti (compreso Jimi Hendrix che però licenziò: «ne ero geloso, mi rubava la scena»). Solo negli ultimi anni Little Richard aveva dovuto ridurre i movimenti negli show per un’operazione all’anca. «Ho avuto la fortuna di vederlo in concerto nel 2006 a Memphis – spiega Graziano Uliani del Porretta Soul Festival –. Pioveva a dirotto ed ero stato invitato sul retropalco da Steve Cropper. Little Richard, nonostante il band leader Wayne Chaney lo richiamasse più volte, era sempre sul limite del palcoscenico per stare più vicino possibile al pubblico. Finì il concerto totalmente bagnato»
Michele Manzotti
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