Da un’idea di Antonio Stragapede e Alex Savelli
(Edizioni Pendragon)
www.pendragon.it
Pagg, 192 con Cd allegato - Euro 14
Il legno, le corde e la forma diventano suono. E il suono racconta umori e storie, che nascono nella pancia delle emozioni, nel ventre di una cassa acustica. Sono racconti raccolti in un passato disperso nel mondo, sono storie italiane, storie di uomini e chitarre. Appassionante e commovente, ma anche preziosa per il suo carattere antologico e per il valore scientifico, è la produzione “L’Onda. Storie italiane di uomini e chitarre” (edizioni Pendragon 2018), composta da libro e cd. Tutto è nato da un’idea di Antonio Stragapede e Alex Savelli, con la curatela di Marco Bazzotti. Il libro, che contiene una conversazione tra Danilo Malferrati e Francesco Guccini, ha un cd allegato dove Filippo Planker recita su testi di Stragapede e Savelli. L’intero progetto è anche un omaggio a Bologna e al suo grande liutaio Giancarlo Stanzani (1933-2015). L’intento del testo è presentare brani attraverso brevi racconti sulla vita di artisti, liutai e musicisti del passato, tra ricerca documentaria, presentata in maniera ragionata nel testo, e riproduzione musicale, registrata e spiegata sul cd. Definita da Guccini un lavoro di “archeologia musicale”, la produzione racconta anche una storia di emigrazione, un’onda artistica partita dall’Italia il secolo scorso. Palcoscenico e fucina creativa di questi talenti, come per Guccini, è stata l’osteria. Il focus si concentra in quel passaggio, alle soglie del Novecento, quando la chitarra conosce la sua seconda rinascita: da strumento di accompagnamento fino alla vocazione solistica. Si parte dal 1860, con “Il bacio” di Luigi Arditi, per giungere agli anni Quaranta del ‘900, con uno “Studio” (inedito) del massimo chitarrista dell’epoca, Luigi Mozzani. Sono così rievocate figure fino ad ora custodite solo dalla tradizione orale, padri della musica moderna, figli dell’immigrazione, esponenti dell’arte chitarristica nel mondo. C’è Pasquale Taraffo, alto un metro e cinquantasette, che parlava in dialetto genovese. Sulla nave che portava in America suonava la chitarpa con quattordici corde. A fine anni ’20 diventerà uno dei musicisti più amati oltreoceano, facendo sfoggio dei suoi trilli con la mano sinistra e di altri incredibili virtuosismi. Scopriamo poi che Toquinho, maestro della bossa nova, in realtà si chiama Antonio Pecci. Tra i chitarristi jazz Eddie Lang era il nome d’arte di Salvatore Massaro. Poi Tony Mottola, Bucky Pizzarelli e il grandissimo Harry Volpe, che suonò anche con Django Reinhardt. Protagoniste, insieme alle anime degli artisti del passato, anche le chitarre provenienti dal laboratorio degli Stanzani. Nel cd sono state usate: la ‘parlor’ di Luigi Mozzani (1919), montata con corde metalliche; le due chitarre classiche di Pietro Gallinotti (1958) e di Enrico Piretti (1965); la chitarra baritona Stanzani (mod. Maccaferri, 2004) di proprietà di Antonio Stragapede, come la chitarra bolognese Dall’Osso a 6+5 corde (1900), restaurata da Luca Stanzani; la chitarra arpa 6+3 di autore anonimo di Markneukirchen (1870 circa) di proprietà di Marco Bazzotti, e infine la chitarra Antonio Monzino, 1900 circa, di proprietà di Mario Gioia (Lodi). “Ricordare serve sempre – ha detto Guccini a Malferrari – perché non creiamo improvvisamente del nulla, senza qualcosa alle spalle”.
Laura Tabegna
Tagged chitarra, Marco Bazzotti, pendragon