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Bellowhead One-Off Reunion, 10 Years of Hedonism, 5 dicembre 2020

6 dicembre 2020 by Michele Manzotti in Concerti, Recensioni

www.bellowhead.co.uk
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Forse l’intenzione era già in cantiere prima dell’emergenza sanitaria. D’altra parte Hedonism, l’album del 2010, lanciò definitivamente la formazione folk verso una fama che non fosse solo quella degli appassionati del settore. In ogni caso i Bellowhead hanno fatto di necessità virtù: dopo che nel lockdown era stato diffuso un video di New Yoik Girls con gli undici elementi a eseguire il brano da remoto, ecco l’evento atteso e programmato per una sola serata. In rete, ovviamente, con i componenti del gruppo ben distanziati e senza pubblico. Ma almeno per una sera sulla piattaforma Stabal, si è riaccesa la scintilla. Nonostante le varie esperienze che il vedono protagonisti, i Bellowhead hanno dimostrato di essere ancora un collettivo forte e animali perfetti da palcoscenico per rendere al meglio quella miscela di vaudeville, punk, rock e e jazz che ha reso unica la loro esperienza folk.

Il frontman resta orgogliosamente Jon Boden, che con John Spiers fece partire l’idea nel 2004 coinvolgendo altri nove musicisti. Sam Sweeney al violino, Paul Sartin a violino e oboe, Benji Kirkpatrick a chitarra e bouzouki, Rachael McShane a violoncello e violino, Pete Flood alle percussioni e una ricca sezione fiati con Brendan Kelly ai sax, Ed Neuhauser all’Helicon, Justin Thurgur al trombone e Andy Mellon alla tromba, sostituito per l’occasione del decennale da Nick Etwell. Un’ora e 20 minuti di concerto che, anche se virtuale, è stato entusiasmante.

Il repertorio era incentrato in gran parte su Hedonism e sul successivo Broadside. Dal primo ricordiamo la già citata New York Girls (primo fuori programma), Cross-Eyed & Chinless, Captain Wedderburn, Little Sally Racket, mentre l’altro era rappresentato, tra le altre, da Roll Alabama, Rood The Woodpile Down, 10.000 Miles Away. E’ stato recuperato anche Burlesque con due classici quali la strumentale Sloe Gin e London Town. Le riprese hanno fatto in modo di apprezzare ancora di più il lavoro poliritmico sulle percussioni, le armonie dei fiati, la forza degli archi a sottolineare melodie. Boden, come frontman, ha dato l’impressione di ritrovare un suono familiare e orgogliosamente portato avanti in tante esibizioni dal vivo. Chissà se a fine emergenza il miracolo di un concerto in presenza possa realizzarsi. Noi, almeno, ce lo auguriamo.

Michele Manzotti

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