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Giorgio Canali e Rossofuoco – Venti

19 marzo 2021 by Marco Sonaglia in Dischi, Recensioni

(La Tempesta Dischi)
Pagina Facebook Giorgio Canali

Foto Roberta Capaldi (1) e Mattia Zamagni (2)

Un anno fa si entrava nel Lockdown e tanti musicisti hanno deciso di scrivere canzoni pensando a future pubblicazioni discografiche. Giorgio Canali che è sempre un vulcano in piena, suonando a distanza con i fedelissimi Rossofuoco (Stewie Dalcol alle chitarre e piano, Marco Greco al basso e Luca Martelli alla batteria, percussioni e cori) e l’aggiunta di Andrea Ruggiero al violino)  ha realizzato così un disco fiume con ben venti canzoni. L’apertura è subito di grande impatto con “Eravamo noi ” una mini storia del nostro paese sostenuta dall’arpeggio di chitarra elettrica con effetti e da un leggero synth (“Eravamo noi, ‘Non sarà più come prima’, il portavoce re del  mondo legge la sua velina indicando col dito un altro Goldstein  da odiare e i vecchi di sessant’anni con la paura di crepare”).  “Nell’aria” (“Nell’aria mille cremazioni e ciminiere a milioni, turiboli laici delle santissime società per azioni e ultimo alito di  disobbedienza civile sepolto con le museruole in un unico grande  funerale”) è una ballad tremendamente attuale con armonica e chitarre. “Wounded knee” è un pezzo amaro con intrecci di chitarre distorte e di basso (“Vieni a sentire la grandine sui tetti di eternit  il rumore che fa, vieni a vedere coi tuoi occhi l’imperdibile e unico  tramonto della civiltà , se non ci abbattono prima o se un  asteroide figlio della merda non si schianta sulla luna”). “Tre grammi e qualcosa per litro” è ben sostenuta dalla batteria, dal riff di chitarra e da alcune incursioni di armonica ( “La libertà di non essere  schiavi, la serie A che ricomincia a giocare, la rivoluzione con cappelli nuovi, come si fa a non vomitare”).

“Circondati” (“Ma lo vedi? Siamo circondati, non ti accorgi che  siamo noi, siamo noi i nostri peggiori nemici? E se ti guardi  intorno, tanti schiavi felici, tu che dici di essere contro , ma contro  chi? Dì buongiorno allo schiavo dentro di te”) è un’esplosione di chitarre elettriche. “Meteo in cinque parti”  è una struggente ballad, piena di malinconia, scandita dal basso e dalle tastiere  (“E il vento si porta via nebbia e  pensieri, in un accesso di poesia ti porta nuovi amori , poi ti  spettina un po’ e mi sembri più bella di ieri, mentre soffia e canta  fra le foglie e bacia i fiori”). “Dodici” è ancora un’ondata di suono elettrico calzante  ( “Anaffettivi asintomatici simulano empatia ma nelle  loro parole solo paura e ipocondria, poi il terrore nucleare vintage, dalla capsula del tempo bambini che si accovacciano e si coprono  aspettando il lampo”).  “Canzone sdrucciola” è di una lucidità disarmante, con quell’arpeggio di chitarra ossessivo, il solo di chitarra straniato e le tastiere (“Chissà perchè non passano di moda mai  le svastiche, chissà perchè gli idioti sono spesso in preda a crisi  mistiche, chissà perché ci sono tanti fasci fra gli ex tossici, se non ci arrivi da solo, fottiti”)  ”Requiem per i gatti neri” è uno dei capolavori del disco con la sua atmosfera cupa, notturna, surreale (” Una notte che non si trova niente,  condannata a una lucidità deprimente, E i nottambuli ostinati , in  una nuova resistenza, dietro la serranda abbassata all’orario di  ordinanza..  E mentre l’insonnia dei tassisti rastrella gli ultimi  scampati, nelle case rispettabili si fanno sogni prepagati e la sirena dei pompieri è un requiem per i gatti neri che si portano sfortuna  e attraversano la strada distratti dalla luna”). ”Cartoline nere” (“Urla al cielo tutto lo zoo di Berlino e tutti i  nove miliardi di nomi di Dio, poi entra in chiesa e si mette a  fumare l’ennesima paglia davanti all’altare”) è un altro efficace spaccato di realtà. “Proiettili d’argento” ha un’atmosfera dark con l’incalzante batteria, le sfuriate di chitarre elettriche e l’incisivo violino (“Batte il tamburo veloce , batte il tamburo  feroce, c’è la Digos che accoppa i lupi mannari nel segno della  croce, proiettili d’argento  e poteri speciali e noi, bestie senza  pedigree che rifiutiamo l’amore, noi figli della fottuta notte , ci  purificherà il sole”). “Rotolacampo” (“E quanto tempo ci vuole per far nascere un  amore, quanto tempo per ucciderlo e poi dimenticare? C’è un  tempo per amare , un tempo per star male, ora è tempo di  andare”)  invece è una ballad dylaniana con chitarra acustica, armonica, violino e  percussioni, che chiude perfettamente il disco.

Canali ha realizzato un lavoro imponente, dove dentro nuota il suo universo, dalle chitarre distorte a momenti di grande atmosfera, dal punk urlato in faccia ai momenti più acustici. Una capacità di scrittura notevole, cruda, diretta, lontana dalla falsità, un grido di rabbia e disperazione per una società, soffocata da tanti, troppi poteri. Vi divertirete poi a cogliere le citazioni o le rivisitazioni di vari protagonisti della musica italiana. Giorgio Canali e i Rossofuoco sono tornati più carichi che mai, ci sono venti gemme da preservare e da portare dal vivo al più presto,

Marco Sonaglia

 

Tracce

Eravamo noi

Morire perchè

Nell’aria

Inutile e irrilevante

Wounded knee

Tre grammi e qualcosa per litro

Acompedì

Raptus

Circondati

Meteo in cinque quarti

Vodka per lo spirito santo

Dodici

Canzone sdrucciola

Viani avanti fischiando

Come quando non piove più

Requiem per i gatti neri

CDM ( Te la devo)

Cartoline nere

Proiettili d’argento

Rotolacampo

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