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Foto concesse dall’ufficio stampa Torino Jazz Festival
Five visions è un progetto che ha visto il pianista Uri Caine coinvolgere il sassofonista Andy Sheppard e il contrabbassista Furio Di Castri: insieme a loro Gianluca Palazzo alla chitarra, Alessandro Romano alla batteria, un quartetto d’archi di docenti e allievi del Conservatorio “Verdi” di Torino e un secondo quartetto, anch’esso di docenti e allievi dello stesso istituto, di elettronica. L’ispirazione del progetto sono i poemi dell’inglese William Blake, immagini che sono state all’origine anche della sua visione pittorica. Nell’Auditorium del “Verdi”, Five Visions ha dato inizialmente l’impressione di una mole di volume e sonorità talvolta un po’ confusa: poi con il passare del tempo, i ruoli nei pezzi sono apparsi più definiti. Di Castri ha rappresentato il punto di riferimento del linguaggio più strettamente jazz che ha permesso a Sheppard di muoversi a suo agio regalando momenti musicali molto coinvolgenti. Caine è parso più concentrato sul dialogo con il quartetto d’archi in uno stile più legato al linguaggio colto. Alla fine però Five Visions ha dato l’idea di essere un progetto solido con momenti di grande interesse per un ascolto che lascia complessivamente soddisfatti.
Il tenorista Emanuele Cisi ha voluto rendere omaggio alla figura di Lester Young, pioniere dello strumento ma anche personaggio singolare, tanto da ispirare il poema No Eyes dello scrittore beat David Meltzer, che ha utilizzato lo slang particolare che Young aveva creato come forma di comunicazione. Cisi ha tratto a sua volta ispirazione dal poema, ma ha anche raccolto omaggi di jazzisti famosi alla figura e all’arte di Young oltre a comporre suoi originali. Ad affiancare il sassofonista, Dino Rubino a pianoforte e a flicorno, Rosario Bonaccorso al contrabbasso, Adam Pache alla batteria e Francesca Corrias alla voce in sostituzione di Roberta Gambarini, bloccata Oltreoceano. Una proposta molto affascinante, nell’alternarsi fra brani di Count Basie e di Charlie Mingus e originali che rispettano un passato particolarmente attuale. Il sassofonista lascia spazio ai suoi compagni di avventura, tutti degni coprotagonisti del progetto, con Corrias chiamata a un compito difficile, ma superato a pieni voti come i bravissimi colleghi.
Dalla chitarra manouche al basso elettrico. Bireli Lagrène ha voluto così rendere omaggio alla figura dell’indimenticato Jaco Pastorius. Così insieme alla Multiquarium Big Band del tastierista Benoit Sourisse e del batterista André Charlier nasce Remember Jaco Pastorius che propone brani del bassista scomparso e dei Weather Report. Un’idea realizzata con grande professionalità e con una qualità del suono eccellente. La Big Band, con la consistente sezione fiati dietta da Stéphane Guillaume, dà sensazione di grande compattezza che si abbina alla bravura individuale nei soli (ricordiamo, per la singolarità del suono, quello di Didier Havet al Sousaphone). Nel grande ordine di Sourisse e Charlier, Lagrène spicca per genialità e voglia di divertirsi con le dita volare sul basso elettrico. Brani come Chicken, It was a Cha Cha, Teen Town, Palladium sono stati portati a nuova vita. Un repertorio che fortunatamente è reperibile anche su disco.
Michele Manzotti
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