La storia di un giornalista può essere molto interessante anche per gli altri. Specialmente se questa si interseca con la vicenda artistica di una delle icone della musica come Fabrizio de André. Un rapporto che parte dalla comune origine genovese e che segue l’evolversi dell’avventura musicale di Faber dai concerti con la Pfm fino al tour di Anime Salve. Flavio Brighenti, la cui attività professionale si è svolta prima al Lavoro e poi a Repubblica, ha deciso di portare questa storia su un palco, intitolandola “Io, Fabrizio e il Ciocorì” alludendo alla grande passione di de André per la versione artigianale del dolce. Lo spettacolo ha visto Brighenti affiancato dall’attrice Carmen Giardina a cui è stato talvolta affidato il ruolo del cantautore e da un gruppo di quattro musicisti (Raffaella Siniscalchi alla voce, Stefano Saletti a chitarra bouzouki e oud, Gabriele Coen a clarinetto e sax soprano e Mario Rivera al basso) a cui sono stati affidati gli inserti sonori delle canzoni di Faber.
Dal testo riusciamo a conoscere un de André diverso dall’agiografia che lo ha caratterizzato specialmente dopo la scomparsa. I colloqui e le interviste con Brighenti hanno mostrato una grande conoscenza del cantautore non solo del rapporto tra parole e note, ma anche della struttura musicale. Ma anche la vicenda del giornalista, quella di un rapporto con de André che andava oltre il mestiere e che era funzionale al mestiere stesso in un costante equilibrio tra le figure del professionista e del conoscente/amico. I viaggi per raggiungere i luoghi delle prove e dei concerti, le interviste esclusive, le pagine che diventano monografiche per la grande quantità di materiale raccolto.
Il dialogo con Carmen Giardina è efficace anche perché serve una voce femminile per non imitare in modo didascalico quella di de André. I musicisti, che hanno a loro volta inciso il disco tributo Ho visto Nina volare, riempiono con i loro interventi i punti di stacco del racconto proponendo segmenti di Bocca di Rosa, Creuza de ma, Novecento, Dolcenera, Khorakhané. Spettacolo godibile nella sua apparente informalità, che omaggia un personaggio straordinario con il rispetto che merita. Ma anche con tanto affetto
Michele Manzotti
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