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Abbiamo incontrato Elina Duni, cantante e strumentista albanese di origine e di base in Svizzera, nell’ambito di Genius Loci, l’iniziativa di Controradio Firenze al Cenacolo di Santa Croce. Nelle nostre pagine abbiamo già parlato dei suoi dischi, oltre ad aver assistito a un suo show case durante jazzahead! 2019 a Brema.
Lei ha inciso alcuni album per l’etichetta Ecm. Quale dei vari repertori porterà sul palco?
«Sarà Partir, il mio progetto solista che è uscito su disco nel 2018. Dal vivo farò qualche variazione rispetto all’incisione, ma soprattutto farò degli interventi in voce tra un brano e l’alto. Un modo per dare una sorta di impianto teatrale allo spettacolo, anche perché è il mio lavoro più emozionale».
Il disco è formato da brani che vanno dalla tradizione al pop, tratti da vari paesi. Come è riuscita a mettere insieme questo puzzle?
«Innanzitutto ho voluto che Partir fosse un progetto in più lingue. Ho scelto l’arabo perché in quel periodo c’era il dramma della Siria, poi l’armeno e l’yiddish. Ma c’è anche Amata Terra Mia di Domenico Modugno, un inno che comprende tutto il dramma della partenza. Ho descritto anche me stessa con la solitudine che a suo modo è una partenza dagli altri».
Prima della pandemia lei si è anche esibita in quartetto, come a Brema. Continuerà questa esperienza?
«Al momento no, però lo scorso anno è uscito il disco Lost Ships e la mia intenzione è quella di portarlo presto in tour, perché possa essere conosciuto da un pubblico più vasto».
Michele Manzotti
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