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Foto (c) Paolo Piga tranne foto 8 da pagina Facebook Jazz in Sardegna
Giovedì 14 ottobre
Un repertorio popolare in dialetto e uno in italiano che, specialmente grazie a una canzone come Nel blu dipinto di blu, è conosciuto oltre i confini nazionali. Il tributo a Domenico Modugno ha aperto la nuova edizione di Jazzin’ Sardegna – European Jazz Expo organizzata al Parco della musica di Cagliari. Il protagonista dello spettacolo Mimì da sud a sud è Mario Incudine che oltre al suo trio di musicisti, ha avuto a disposizione l’intera Orchestra Sinfonica del Teatro Lirico di Cagliari diretta da Valter Sivilotti, che ha curato anche gli arrangiamenti. Attore e cantante proveniente dalla Sicilia, Incudine si è focalizzato sul recupero di un aspetto meno conosciuto di Modugno, quello del repertorio dialettale di inizio carriera. Un modo di evidenziare, con la regia di Moni Ovadia, le radici popolane e popolari di colui che avrebbe rivoluzionato la canzone italiana. La musica, con gli strumenti tradizionali e classici, sorregge il lavoro vocale di Incudine, sia il recitato sia il cantato, evidenziato da una bella voce che ha l’ulteriore merito di non scimmiottare l’originale. Lo spettacolo si chiude con il Modugno più conosciuto con Nel blu dipinto di blu cantato a cappella (rischio enorme, ma superato grazie a un’intonazione perfetta), Vecchio frac e Dio come ti amo.
Il festival (che dopo l’inaugurazione si è svolto interamente all’Auditorium del Conservatorio, anch’esso nel Parco della Musica) è anche l’occasione per conoscere meglio la scena jazzistica sarda, molto interessante al di là dei nomi più noti. Un ottimo esempio è quello del pianista Paolo Carrus che si è esibito con il suo New Ensemble. Il gruppo presenta un organico desueto: un trio piano-batteria-basso (la chitarra basso acustica amplificata) con cinque sax dal contralto al baritono. La proposta di Carrus è quella di presentare con un linguaggio personale melodie e atmosfere della musica popolare sarda. In questo è molto aiutato dall’impasto sonoro dei sassofoni che spesso richiamano canti antici, mediati da un linguaggio jazz ordinato ed efficace, come nei brani Echi e Tangos.
I frequentatori dei concerti jazz sono sempre meno abituati ad ascoltare standard famosissimi come Round Midnight e Summertime, anche perché rappresentano un banco di prova impegnativo per ogni esecutore. Ma nel caso del Cuarteto Flamenco del pianista Chano Dominguez e del sassofonista Antonio Lizana, questi brani assumono una forma diversa. Lizana è anche cantante e a lui sono affidate le linee melodiche che richiamano il canto flamenco. Un esperimento di grande interesse anche per l’eccellente arte pianistica di Dominguez e della solidità del quartetto che, grazie a questa lettura particolare, può permettersi di proporre i grandi autori.
Venerdì 15 ottobre
Da William Byrd a George Gershwin passando per Haendel, Beethoven e Bartok. Il pianista Giovanni Bietti insieme ai musicisti dell’Open Trios ha condotto una lezione concerto basata sull’improvvisazione nei compositori colti. Un modo per dimostrare come tante barriere siano ormai anacronistiche e come la prassi su cui si basa il jazz ha origini antiche quanto nobili. Bietti e i colleghi hanno dimostrato di aver assimilato il progetto rendendo le composizioni ancora più interessanti grazie al doppio pianoforte, al sax soprano e alla batteria, ma mai stravolgendole.
Viene da Harlem ed Emmet Cohen ci ha voluto portare nell’atmosfera di un secolo fa, tra echi di barrelhouse, continui cambi di ritmo, sfide con i tasti e con la voglia di far divertire chi ascolta. Insieme al suo trio ha proposto standard più tradizionali come Lil’ Darling di Count Basie e altri sorprendenti come Nun è peccato di Peppino di Capri. Con lo stesso musicista italiano è nato infatti un rapporto di amicizia grazie a un concerto tenuto da Cohen nell’isola di Capri. Un concerto che al divertimento ha abbinato l’eleganza nel porsi dei tre musicisti, con le dinamiche mai sopra il dovuto. Yasushi Nakamura al contrabbasso e Kyle Poole alla batteria hanno saputo entrare in punta di piedi, ma con tanta autorevolezza in ogni brano.
Gavino Murgia è sempre una garanzia di qualità con la sua arte che non comprende solo il fidato sax ma anche la sua voce, il cui stile proviene dal canto a tenore. Così è molto interessante il linguaggio del suo trio, formato da Fabio Giachino al pianoforte e alla tastiera e dal batterista Patrice Heral. Così tradizione sarda, improvvisazione e sonorità acustico-elettriche conferiscono ai brani originali un’ottima struttura melodica e armonica.
Anche la seconda giornata si è chiusa nel segno della Spagna (grazie alla collaborazione di Acción Cultural Española, AC/E): protagonista il flautista e sassofonista Jorge Pardo affiancato dal bassista Carles Benavent e dal batterista Tino Di Geraldo. Nel loro caso la melodia di ispirazione iberica e la derivazione flamenca si innesta su pezzi originali valorizzati da una tecnica individuale molto forte, evidenziata negli assoli oltre che nel suono d’insieme.
Sabato 16 ottobre
Imparomusica è il nome di una piattaforma che sarà sviluppata in un app, e che al momento è inserito nel dominio di un sito www.imparomusica.it. Un progetto ambizioso che vuole unire filmati da archivi dei grandi festival italiani a produzioni originali, con uno scopo principalmente educativo. A presentarlo il direttore artistico Massimo Palmas, il già citato Giovanni Bietti e Nicola Palmas a nome dell’azienda che sta lavorando sul progetto. L’idea non è solo quella di evidenziare il jazz ma tutti i generi musicali in una grande banca dati a disposizione di tutti coloro che, per passione e mestiere, vogliono conoscere meglio il mondo delle note.
Marìa Toro viene dalla Galizia e anche nel suo caso il folclore è presente nella proposta musicale. Lo è però in maniera minore rispetto ai gruppi spagnoli che l’hanno preceduta in cartellone. Insieme al suo quartetto è ben focalizzata su un linguaggio che lascia ampio spazio all’invenzione strumentale. Lei è flautista (oltre che cantante all’occasione), affiancata da un trio pianoforte-contrabbasso-batteria di ottimo livello per eseguire i brani dell’ultimo album “Fume”.
Una delle star del festival è il contrabbassista Avishai Cohen. Il concerto non ha deluso le attese: Cohen punta su uno dei cardini della musica del passato, quel basso ostinato (talvolta affidato al pianoforte) su cui costruire melodie e improvvisazioni. La sua tecnica con pizzicato e archetto mostra autorevolezza da leader e l’invenzione coinvolge anche i due partner del trio (Elchin Shirinov al pianoforte e Roni Kaspi alla batteria) in un mix tra reminiscenze classiche barocche, elementi ebraici e ritmi dispari alla Brubeck con vari brani tratti dall’album Arvoles.
Domenica 17 ottobre
Il concerto per orchestra di Bela Bartok è stato proposto da un gruppo di nove elementi diretto dal pianista Moises Sanchez. Un progetto di grande valore musicale che vede il linguaggio del compositore ungherese (il brano è del 1943) adattato a una prassi jazzistica. Sanchez punta molto sul lavoro di due sax e del trombone per evidenziare l’impasto armonico del brano con il risultato di un ottimo lavoro di insieme per la rilettura di un pezzo classico.
L’European Jazz Expo è stato caratterizzato dall’accordo tra vari organismi e jazz club (prevalentemente dall’Europa dell’Est) per la circuitazione delle big band. Un progetto che intende allargare il pubblico grazie al coinvolgimento delle giovani generazioni. I club si impegnano anche a scambiarsi le partiture per permettere la valorizzazione dei compositori nei vari paesi, oltre che lo studio da parte dei musicisti. Paesi come Bulgaria, Serbia, Romania, Ungheria, Polonia oggi sono realtà consolidate nel jazz con la big band ottime palestre per tanti solisti.
Il momento più alto del festival è rappresentato dall’esibizione del duo Dave Holland-John Scofield. I due senior hanno iniziato proprio a Cagliari il tour post pandemia presentando un repertorio in gran parte di originali con la straordinaria semplicità della loro tecnica e musicalità. Quasi un’ora e mezza di dialogo continuo grazie a pezzi come Not for Nothing, Hangover, Homecoming, la splendida ballata Memories of Home e il tributo a Ray Brown Mr.B. Entusiasmo alle stelle per una combinazione sonora e di intenti assolutamente felice.
La conclusione del festival è stata affidata alle due esibizioni di Panel S’Ard con Stefania Secci Rosa e le Balentes, legate anche ad atmosfere di world music, e quella legata al jazz-funky-soul dell’ensemble Butcher Brown per un finale pieno di ritmo. Appuntamento al prossimo anno.
Michele Manzotti
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