foto (c) Paolo Piga
Un cantante-attore, Mario Incudine, con i suoi tre musicisti affiancati da un’intera orchestra. Lo scopo è quello di omaggiare un personaggio della statura di Domenico Modugno in uno spettacolo chiamato “Mimì da sud a sud” andato in scena al Teatro Lirico di Cagliari come spettacolo inaugurale di Jazzin’ Sardegna. L’orchestra sinfonica del Teatro Lirico era diretta da Valter Sivilotti, che ha curato anche gli arrangiamenti, mentre la regia è firmata da Moni Ovadia. Del progetto parliamo con il suo protagonista Mario Incudine.
Come nasce “Mimì da sud a sud”?
L’idea parte dalla volontà che avevamo sia io sia Moni Ovadia di riportare a galla un repertorio in gran parte inedito. Nemmeno Modugno stesso aveva fatto un’operazione organica di recupero di questo primo periodo. I brani in cui lui si finse siciliano anche se erano in lingua salentina, che molto assomiglia a quella dell’isola, in realtà sono poco conosciuti e spesso non attribuiti a Modugno pur essendo pezzi suoi. Alcuni erano addirittura inseriti nell’alveo della tradizione popolare senza dare a Modugno la paternità. La nostra volontà era quella di mettere insieme tutto questo repertorio per raccontare il primo Modugno inventore di tante cose. Innanzitutto del teatro canzone, poi della forma canzone cantautorale (Nel blu dipinto di blu è considerata la prima canzone d’autore moderna, un brano che comincia con la stessa nota nove volte è una rivoluzione rispetto ai suoi predecessori). Poi fa parlare gli animali utilizzandoli anche per descrivere gli uomini (U sciccareddu ‘mbriacu, U pisci spada, Lu grillo e la luna, storia d’amore con il grillo che vuole abbracciare la luna e sta per annegare) La fantasia da Esopo a Disney per far parlare gli animali passa attraverso Modugno, la sua grande arca. La volontà era quella di riportare in luce, attraverso gli arrangiamenti orchestrali di Paolo Sivilotti, tutto questo repertorio e poi fare una sintesi delle punte più alte della produzione di Modugno.
Quali brani famosi avete scelto?
Vecchio Frack si incunea ancora in questa linea siciliana perché parla di Lanza di Trabia, nobile dell’isola che si era suicidato nel Tevere. Ma anche perché secondo alcuni critici questa è la prima canzone che scrive dopo il periodo dialettale e mi piaceva molto come anello di congiunzione tra il modugno popolano e quello di “Volare”. Nel blu dipinto di blu non potevamo non farla ma l’abbiamo spogliata completamente per farla a cappella su idea di Moni Ovadia, idea vincente per far scoprire il fascino di un pezzo che non ha bisogno di orpelli e poi Dio come ti amo che tra tutte le canzoni d’amore sintetizza meglio l’idea dell’amore che aveva Modugno e che esiste già nei prodromi della sua produzione come in Attimu d’amuri. Questa locuzione quasi sussurrata sulla quale Sivilotti secondo me ha fatto un arrangiamento sublime tra il fado e il flamenco.
Ha parlato di arrangiamenti: come è stato il rapporto fra il trio dei suoi musicisti e l’orchestra e tra entrambi e la sua voce?
Non è stato un lavoro semplice e Sivilotti ha fatto un lavoro di grande finezza, perché è riuscito a mettere l’orchestra in modo organico ai musicisti che a loro volta sono in mezzo all’orchestra: pur in uno scollamento timbrico che ci potrebbe essere tra un bouzouki e un’orchestra il maestro è stato bravo a farli dialogare. Così è stata evidenziata la contemporaneità di Modugno e la versatilità che passa dal folk alla world music al jazz del suo repertorio, Avevamo tanti colori a disposizione: una tavolozza variegata che però andava amalgamata bene, Io credo che al di là dei gusti, credo che l’operazione sia riuscita bene proprio per un suono che è quello e che non si può ripetere. Se viene aggiunto un altro strumento cambia l’assetto. Mi permetto di aggiungere che questo suono aiuta me nella narrazione. Questo è uno spettacolo anche drammaturgico e teatrale. Quando l’orchestra suona sotto il recitativo io mi sento ben sostenuto. Mi piace questa dimensione dove il monologo non è accompagnato da un solo musicista, ma dall’orchestra così come mi piace che ci siano dei momenti musicali solisti con il tacet della stessa orchesta, come nel pezzo che faccio da solo con il mandoloncello o in quello finale fatto dai tre tamburi e dalla voce. Una cesura dichiarata dove si evidenzia un solo strumento.
Michele Manzotti
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