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Foto 1 (c) Nives Larcher
Lo scorso aprile, nel parlare di un suo concerto in streaming dal Barbican di Londra, ci auguravamo che potesse essere ascoltato dal vivo in Italia. Mai avremmo pensato di essere stati accontentati nel giro di pochi mesi: il batterista, produttore, compositore e bandleader Moses Boyd è arrivato nel nostro paese per due date: Milano e Rovereto. Quest’ultima è stata organizzata dal Centro Santa Chiara, con la direzione artistica di Enrico Bettinello, all’Auditorium Fausto Melotti che fa parte del complesso architettonico del Mart (il museo di arte contemporanea). Lo stesso Bettinello dal palco ha spiegato come il tour di promozione del disco Black Matter, nominato ai Mercury Prize, doveva partire proprio nei giorni iniziali della pandemia. Nelle due date italiane Boyd è arrivato in quartetto con Quinn Oulton al sax tenore, Artie Zaitz alla chitarra e Max Luthert al basso elettrico. Il programma ha visto brani tratti principalmente dall’ultimo album, alcuni dei quali già presentati al citato concerto londinese (come Stranger Than Fiction e B.T.B.). Il suono è quello che caratterizza la produzione di Boyd, londinese che della sua città respira tutte le influenze musicali. Un jazz moderno, elettrico ma che non si discosta del tutto dalla grande tradizione: temi alla Coltrane convivono con echi caraibici, di dubstep, di black music. I suoi musicisti lo assecondano in pieno ritagliandosi ruoli solisti. Ma guardare il modo di suonare di Boyd è uno spettacolo ulteriore: il movimento delle bacchette mostra come il leader detti il ritmo del brano e contemporaneamente inventi figurazioni variegate con piatti e tamburi. Anche il suo momento solista è stato straordinario tra virtuosismo e grande eleganza, senza mai picchiare come spesso si ascolta dal palco. Un’esibizione molto festeggiata dal pubblico che ha riempito gran parte dei posti dell’auditorium.
Michele Manzotti
Tagged Centro Santa Chara, jazz, Moses Boyd, Rovereto