www.rinkytinkyjazzorchestra.com
Foto (c) Simone Cecchetti
Un po’ di sano divertimento sul palco. Ma anche tanta qualità come si conviene a una big band o a un’orchestra jazz. Ready For Another Universe è il nuovo album della Rinky Tinky Jazz Orchestra, formazione romana di 14 elementi. Ne parliamo con Peppe Russo, leader e sassofonista dell’ensemble.
Come nasce questa idea (e ci riferiamo anche alla denominazione che suscita molta curiosità)?
Il nome è stata una scoperta anche per me: viene direttamente da un cartone animato famoso, gli Aristogatti. Se si vede in lingua originale, nel momento in cui tutti i gatti fanno cadere il palazzo e “voglion fare jazz”, è ripetuto quasi come un mantra il termine Rinky Tinky che è il suono onomatopeico della bacchetta sul ride fatto dal gatto batterista. Quindi ci è piaciuto usare questo termine associato a un gatto con gli occhiali da Blues Brothers, che per me era molto divertente. Ed è proprio il nostro obbiettivo quello di divertirci e far divertire il pubblico,
E’ una formazione piuttosto numerosa, come è stata pensata la strumentazione?
Il gruppo è nato unendo aspetti tecnico musicali con amici e musicisti che conosco da oltre venti anni. Ho colmato quello che secondo me era il minimo sindacale della possibilità di registri, anche timbrici, che a me piaceva rendere in musica: una ritmica fatta di basso, batteria, percussioni, chitarra, tastiere e cinque fiati, tre coriste e la voce solista.
La Jazz Orchestra si propone come strettamente jazz o va alla ricerca di altre sonorità?
Io ho una visione del pianeta jazz molto ampia. Per me non è l’old jazz, come quello di Coltrane o Parker, musicisti che abbiamo studiato e interpretato, ma raggruppa una serie di stili che si ascoltano nel disco: funky con radice anni ’70, influenze quali quelle di Tower Power, Manhattan Transfer, Incognito, Weather Report. Poi la nuova musica black americana, ad esempio io amo molto Bruno Mars che trovo un artista eccezionale. Non ci limitiamo a fermarci a uno stile unico.
Tornando al numero dei componenti, è impegnativo metterli d’accordo?
Non è facile perché sono tutti professionisti che lavorano in ambito nazionale ed estero da tanti anni. Sicuramente si sono innamorati di questo progetto che esiste dal 2016: piano piano ho lavorato ai fianchi per cercare di fare loro capire la potenzialità della proposta e penso che abbia funzionato. Si sono affezionati all’idea e abbiamo finalmente fatto due concerti dal vivo post pandemia che ci hanno rimesso in corsa e permesso di assaporare un’altra volta il palco.
Parliamo del disco “Ready for another universe”: pensavate di fare originali o standard?
Noi siamo partiti con il disco Dreamers del 2018 prendendo spunto da brani italiani che amavano e che abbiamo riarrangiato e stravolto. Il secondo passo è stato quasi fisiologico e abbiamo iniziato a comporre anche qualcosa di nostro dando un contributo originale alla musica. Quindi nel nuovo album di nove brani ci sono sette originali e due tributi, uno a Giuni Russo e a Battiato (Un’estate al mare) e l’altro a Tony Renis con Quando quando quando.
Come si fa a trovarvi sul web?
Siamo ovunque con il sito www.rinkytinkyjazzorchestra.com, su Facebook, Instagram. Abbiamo anche un canale You Tube e siamo su Spotify. Possiamo essere ascoltati e visti ovunque, oltre ad avere informazioni sulle nostre iniziative.
Michele Manzotti
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